Condominio

Licenziamento, decide l’assemblea a maggioranza

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Il portierato rappresenta per i condòmini un utile servizio ma anche un costo, con la conseguenza che può capitare che i proprietari decidano di eliminarlo. Per la soppressione del servizio e per il licenziamento del portiere – salvo casi (e clausole) particolari - decide l’assemblea a maggioranza.

Il servizio di portierato può essere menzionato nel regolamento assembleare votato dai condòmini (contenente le norme che disciplinano l’uso e le modalità di godimento delle cose e servizi comuni): in tal caso per procedere alla soppressione occorre modificare il regolamento con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Tale quorum è stato ritenuto valido dalla Corte di Cassazione (sentenza 3708 del 29 marzo 1995) che equipara la semplice decisione di sopprimere il servizio alla modifica di una norma regolamentare (articolo 1138, comma 3, del Codice civile).

Il licenziamento

Assunta la delibera che elimini il servizio, si procede al licenziamento del portiere che avviene per giustificato motivo oggettivo. Si tenga presente - sotto il profilo giuslavoristico – che in termini generali il licenziamento può avvenire in qualsiasi momento «sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo» (Cassazione, sentenza 88 del 7 gennaio 2002). In ogni caso, la decisione va approvata dall’assemblea di condominio con la maggioranza in prima convocazione prevista dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).

In seconda convocazione, invece, è sufficiente il voto favorevole degli intervenuti che rappresenti almeno 1/3 del valore complessivo dell’edificio (333 millesimi).

Nella fase di licenziamento è necessario prestare attenzione al tempo del preavviso con il quale comunicare al diretto interessato l’avvenuto licenziamento, riferendosi al Ccnl.

Nulla cambia – salvo esame delle clausole contrattuali - se il servizio di portierato è previsto dal regolamento condominiale contrattuale (il documento accettato dai condòmini al momento dell’acquisto delle singole unità immobiliari).

Tanto più che non ogni modifica delle disposizioni contenute nel regolamento condominiale contrattuale va presa all’unanimità, dovendosi distinguere tra clausole di natura contrattuale vere e proprie e clausole di natura soltanto regolamentare. In particolare, nel caso della portineria il testo del regolamento può essere modificato con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Sul tema, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 943 del 30 dicembre 1999) hanno chiarito che «a determinare la contrattualità dei regolamenti, siano esclusivamente le clausole di essi limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive (…) o comuni (…) ovvero quelle clausole che attribuiscano ad alcuni condomini dei maggiori diritti rispetto agli altri (…). Quindi il regolamento predisposto dall’originario, unico proprietario o dai condomini con consenso totalitario può non avere natura contrattuale se le sue clausole si limitino a disciplinare l’uso dei beni comuni pure se immobili. Conseguentemente, mentre è necessaria l’unanimità dei consensi dei condomini per modificare il regolamento convenzionale (…) avendo questo la medesima efficacia vincolante del contratto, è, invece, sufficiente una deliberazione maggioritaria dell’assemblea dei partecipanti alla comunione per apportare variazioni al regolamento che non abbia tale natura. E poiché solo alcune clausole di un regolamento possono essere di natura contrattuale, l’unanimità dei consensi è richiesta per la modifica di esse e non delle altre clausole per la cui variazione è sufficiente la delibera assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall’art. 1136 secondo comma del codice civile».

Comportamenti negligenti

Il licenziamento del portiere può non dipendere dalla chiusura della portineria ma da comportamenti negligenti o da gravi inadempimenti, che vanno comunque individuati nell’ambito del contratto collettivo o di quello individuale. I comportamenti negligenti possono essere stigmatizzati in lettere di contestazione da parte dell’amministratore al portiere. Occorre comunque seguire la procedura di licenziamento prevista dall’articolo 2 della legge 604/1966 e successive modifiche e integrazioni.

L’amministratore, autorizzato dall’assemblea, comunica per iscritto la decisione al portiere con una lettera che deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. La forma scritta e la specificazione dei motivi sono indispensabili per l’efficacia del licenziamento. Circa il licenziamento del portiere, la Cassazione (sentenza 14949 del 18 novembre 2000) ha anche precisato che per rendere efficace il provvedimento è necessario comunicare al dipendente la delibera assembleare che lo preveda.

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