Condominio

Paga sempre le spese di manutenzione il condomino distaccatosi dall’impianto

Il riscaldamento centralizzato è un bene comune e anche chi temporaneamente non lo utilizza, potrebbe farlo in futuro

di Michele Orefice

La Cassazione, seconda sezione civile, con l'ordinanza 6090 del 04 marzo 2020 ha stabilito che il condomino è tenuto sempre a pagare le spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, anche nel caso in cui sia stato autorizzato dal condominio a distaccarsi o abbia fornito prova che dal suo distacco non ne consegue un aggravio di spese o uno squilibrio termico, per coloro che continuano a fruirne.

I fatti
Con atto di citazione un condomino impugnava la delibera condominiale approvata in sua assenza, con la quale l'assemblea, all'unanimità dei presenti, aveva deciso, di trasformare l'impianto di riscaldamento centralizzato e di autorizzare il distacco dei tre appartamenti del terzo piano, stabilendo che l'amministratore non dovesse predisporre la relazione tecnica di progetto termico impiantistico, di cui alla legge 10 del 09 gennaio 1991, riguardante il rispetto dei parametri minimi energetici.

Il condomino proponeva impugnazione dapprima dinanzi al Tribunale di Padova (primo grado) e poi dinanzi alla Corte di Appello di Venezia (secondo grado), sul presupposto che la delibera approvata dall'assemblea fosse affetta da radicale nullità, essendo stata assunta con l'unanimità dei soli presenti e in assenza di altri condòmini.

Tuttavia, ciò che spingeva il condomino assente ad agire, per far dichiarare la nullità della delibera, era il fatto che l'assemblea avesse elaborato un criterio di ripartizione delle spese illegittimo, avendo deciso di esentare i condòmini del terzo piano dall'obbligo di contribuire ai costi dell'impianto di riscaldamento centralizzato.

In ogni caso, la trasformazione consisteva soltanto nella sostituzione della vecchia caldaia con una nuova, che l'assemblea attribuiva in proprietà esclusiva ai soli condòmini del primo e del secondo piano dell'edificio, per ragioni di efficienza del servizio di riscaldamento. Invece i condòmini del terzo piano, essendo dotati di impianti termici autonomi, venivano contestualmente autorizzati a distaccarsi dal riscaldamento centralizzato ed esonerati dall'obbligo di contribuzione alle spese di manutenzione dell'impianto termico generale.

Le decisioni di primo e secondo grado
Il Tribunale di Padova, con sentenza 361/2006, accoglieva il ricorso fondato sulla mancata approvazione della delibera all'unanimità dei partecipanti al condominio e dichiarava la nullità della stessa, nella parte in cui riservava la proprietà esclusiva dell'impianto centralizzato di riscaldamento ai soli condòmini del primo e del secondo piano esentando dalle spese manutentive i condòmini del terzo piano.

Nel successivo giudizio di secondo grado, la Corte di Appello di Venezia, con sentenza 2662/2014, confermava la decisione del Tribunale di Padova rigettando sia l'impugnazione del condomino appellante e sia quella del condominio appellato, che aveva proposto appello incidentale.

In merito all'appello principale, la Corte precisava che, in realtà, dall'oggetto della delibera si capiva chiaramente che l'impianto centralizzato di riscaldamento non avesse subito alcuna trasformazione, trattandosi soltanto di sostituzione della caldaia, mentre l'approvazione del distacco degli appartamenti del terzo piano era finalizzata ad un miglior funzionamento dell’ impianto negli altri due piani.

Con riferimento, invece, all'appello incidentale proposto dal condominio, la Corte di Appello confermava che la delibera andava approvata all'unanimità dei comproprietari dell'edificio, per poter disporre validamente in merito alle innovazioni riferite ai diritti di uso di alcuni condòmini sull'impianto comune e per derogare ai criteri legali di ripartizione delle relative spese manutentive.

Vale a dire che i condòmini del terzo piano non potevano essere esclusi né dalla comproprietà dell'impianto di riscaldamento e né, tantomeno, dagli obblighi di partecipazione alle spese di manutenzione dello stesso impianto, in mancanza del parere favorevole di tutti i partecipanti al condominio.

Il ricorso in Cassazione
Contro la sentenza di secondo grado il condominio proponeva ricorso in Cassazione, per violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, 1118 e 1123 del Codice civile, nella parte in cui la Corte di Appello stabiliva che la delibera di attribuzione dell'impianto di riscaldamento ai condòmini dei primi due piani dovesse essere approvata all'unanimità dei partecipanti al condominio e non all'unanimità dei soli presenti all'assemblea.

Al riguardo il condominio riteneva sufficiente la votazione a maggioranza, basandosi sul presupposto che il nuovo impianto di riscaldamento non andasse a servire le parti comuni, in quanto i condòmini del terzo piano erano già dotati di impianti autonomi.

Il ragionamento della Cassazione
Nel caso esaminato è indiscusso che per attribuire la proprietà esclusiva della caldaia ai soli condòmini del primo e secondo piano, con esclusione dei condòmini del terzo piano dalle spese di manutenzione dell'impianto termico centralizzato, l'assemblea avrebbe dovuto approvare la delibera all'unanimità dei condòmini presenti nell'edificio, non essendo ammesse maggioranze assembleari diverse.

Una deliberazione che riguarda la titolarità dei beni comuni non si può intendere come dispositiva di innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo delle cose comuni, di cui al comma 1 dell'articolo 1120 del Codice civile, interessando sempre la titolarità originaria dei beni comuni, ai sensi dell'articolo 1117 del Codice civile.

E quindi la comproprietà originaria della caldaia centralizzata in capo ai condòmini non poteva essere esclusa senza il consenso di tutti i partecipanti al condominio, anche se l'impianto, per caratteri strumentali e funzionali, era destinato all'uso esclusivo delle unità immobiliari collegate.

Inoltre, rispetto alla ripartizione delle spese per l'impianto di riscaldamento centralizzato, i condòmini del terzo piano non potevano essere esclusi dall'obbligo contributivo, senza il consenso degli altri condòmini, poichè, ai sensi dell'articolo 1118 comma 2 del Codice civile, il condomino non può sottrarsi alla contribuzione nelle spese per la conservazione dei beni comuni.

In pratica, il condomino è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, anche se è stato autorizzato dal condominio a rinunziare all'uso dello stesso riscaldamento ed a distaccare le diramazioni del suo appartamento dall'impianto comune. Il condomino distaccatosi può semmai essere autorizzato soltanto a non corrispondere le spese d'uso, salvo diversa previsione del regolamento condominiale.

Perciò è legittima la delibera condominiale che pone le spese per la sostituzione della caldaia anche a carico dei condòmini distaccati dall'impianto di riscaldamento, sul presupposto che l'impianto termico centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, al quale i condòmini distaccati potrebbero riallacciare la propria unità immobiliare.

Il ricorso veniva rigettato ed il condominio condannato.

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