Condominio

Termine breve per denunciare le infiltrazioni

Il termine dei 60 gorni dalla coperta del vizio si applica in quanto le infiltrazioni di umidità non riescono a incidere negativamente sugli elementi strutturali del fabbricato

di Donato Palombella


Il settore dell'edilizia ha sempre costituito il nerbo della nostra economia; di conseguenza la crisi economica degli ultimi anni, colpendo l'intero comparto, ha assestato un duro colpo al P.I.L.. Per risolvere il problema si è cercato di incentivare il settore ricorrendo a svariati bonus fiscali: ristrutturazioni, bonus facciate, ecobonus e chi più ne ha più ne metta. Come al solito la medaglia ha due facce: se da un lato è vero che l'edilizia sostiene l'economia, è anche vero che il settore è costituito prevalentemente da piccole imprese artigianali prive di una struttura organizzativa.

Questo comporta il rischio che i lavori, spesso e volentieri, vengano eseguiti da personale scarsamente professionalizzato e che gli interventi non solo non risolvano i problemi ma li aggravino,

A questo punto il condòmino che ha tirato fuori i soldi dalle proprie tasche sperando di avere un immobile "come nuovo", si trova di fronte ad un dilemma: faccio buon viso a cattivo gioco o faccio causa alla ditta esecutrice anticipando i costi dell'azione legale e senza alcuna garanzia di ottenere il risarcimento del danno? Nel caso in esame un condominio ha pensato bene di non pagare il saldo dei lavori. Avrà agito per il meglio?

Il caso in esame
Un condomìnio affida ad una impresa di costruzioni l'appalto per la realizzazione di alcune opere di manutenzione straordinaria dell'edificio condominiale. Effettuato il pagamento dei primi stati di avanzamento dei lavori, il condominio denuncia l'esistenza di alcuni vizi (infiltrazioni di umidità) e rifiuta di provvedere al pagamento del saldo contestando all'appaltatore la regolarità delle opere realizzate. L'impresa, da parte sua, ottenuto un decreto ingiuntivo, chiede al debitore il pagamento del saldo pari a oltre 23mila euro. Il condomìnio persiste nelle proprie convinzioni e contesta l'ingiunzione di pagamento. Tribunale e Corte d'appello si muovono a senso unico e condannano il debitore al pagamento delle somme dovute. La sentenza di secondo grado viene impugnata e la questione finisce sui banchi della cassazione.

Di cosa si discute
Nel caso in esame non si discute dell'esistenza o meno dei vizi contestati ma, solo ed esclusivamente, di questioni procedurali. Si tratta di stabilire se, in concreto, il condomìnio abbia rispettato i tempi rigorosamente previsti dal codice civile per la denuncia delle opere.

Tribunale e Corte sono concordi
I giudici ritengono che al caso in esame sia applicabile l'articolo 1667 del Codice civile. La norma (secondo comma) impone al committente (ovvero al condominio) di denunciare all'appaltatore le difformità ed i vizi dell'opera entro sessanta giorni dalla loro scoperta e (secondo comma) prima che siano trascorsi due anni dalla consegna. Unica eccezione: la denuncia non è dovuta se l'appaltatore riconosce le difformità ed i vizi ovvero li abbia occultati. La norma prevede, inoltre, (primo comma) che la garanzia non è dovuta se il committente "ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili".

L'opera era stata accettata
La Corte d'appello rileva che il condomìnio aveva accettato l'opera e che le infiltrazioni di umidità lamentate si erano manifestate subito dopo la consegna dei lavori. La denuncia dei vizi lamentati, però, era stata effettuata dal condomìnio sono con la citazione in opposizione al decreto ingiuntivo (notificata il 23/3/2007) e doveva ritenersi tardiva in quanto effettuata a circa due anni di distanza dalla loro scoperta (avvenuta nel settembre 2005).

Quanto il committente viene a conoscenza dei vizi
Abbiamo visto che il Codice civile impone che l'esistenza dei vizi debba essere necessariamente denunciata entro un termine ben preciso (ovvero sessanta giorni dalla loro scoperta). Il problema di fondo, in questo caso, è stabilire quando il committente venga a conoscenza dei vizi. In proposito sono sorte due tesi contrastanti.

Occorre una perizia tecnica
Secondo una prima tesi, il committente acquisisce la piena conoscenza dei vizi solo a seguito di una perizia tecnica che li accerti in maniera definitiva e precisa ovvero quando l'appaltatore abbia riconosciuto la loro esistenza. Nel caso in esame il condomìnio ritiene che il pagamento degli acconti richiesti dall'impresa non equivarrebbe ad accettazione dell'opera e non escluderebbe il suo diritto di invocare la garanzia per i relativi vizi.

Basta che i vizi siano manifesti
Secondo una diversa interpretazione, seguita nel caso in esame, il committente viene a conoscenza dell'esistenza dei vizi con la loro manifestazione, a prescindere dall'esistenza di una specifica relazione tecnica. Il principio è semplice: se mi piove in casa, non ho la necessità di una relazione tecnica che accerti il difetto in quanto il problema è ben evidente. Al massimo la relazione tecnica servirà ad identificare con precisione la causa delle infiltrazioni ed a fornire dei suggerimenti per la loro eliminazione.

La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6121 del 24 settembre 2019, resa pubblica mediante deposito in cancelleria solo il successivo 5 marzo 2020, conferma il verdetto di primo e secondo grado. Trattandosi di infiltrazioni, sarebbe applicabile l'articolo 1667 cod. civ. che impone al committente di denunciare i vizi nel termine breve di sessanta giorni dalla loro scoperta. Di conseguenza, il committente avrebbe perso ogni forma di garanzia nei confronti della ditta esecutrice e, di conseguenza, sarebbe tenuta a versare il saldo dovuto.

Le norme in gioco: l'art. 1667 del Codice civile
La materia dei vizi e difetti dell'immobile è disciplinata dal codice civile con due norme specifiche, ovvero con l'articolo 1667 cod. civ. (chiamato in gioco nella decisione in commento) e l'articolo 1669 cod. civ.. Tra le due norme esistono delle differenze sostanziali. Abbiamo visto che l'art. 1667 cod. civ. prevede che i vizi debbano essere denunciati nel termine di sessanta giorni dalla loro scoperta.

L'articolo 1669 cod. civ., invece, prevede il termine molto più ampio di dieci anni. La differenza non si limita al termine per l'esercizio dell'azione ma risiede principalmente sulla qualità del vizio lamentato.

L'art. 1667 cod. civ. è applicabile "ogni qualvolta i lamentati (ed accertati) vizi dell'opera non incidano negativamente sugli elementi strutturali essenziali di questa e, quindi, sulla sua solidità, efficienza e durata, ma solamente sul suo aspetto decorativo ed estetico, cosicchè il manufatto, pur in presenza dei riscontrati difetti, rimanga integro quanto a funzionalità ed uso cui sia destinato" (Cassazione, 16 luglio 2004, n. 13268; Cass., sent. 1 marzo 2001, n. 3002). Questa norma viene richiamata ed applicata al caso in esame in quanto le infiltrazioni di umidità non hanno la capacità di incidere negativamente sugli elementi strutturali del fabbricato e ad esse si rimedia (almeno teoricamente) con una certa facilità (Cassazione, sent. 10 giugno 2011, n. 12879). L'art. 1669 cod. civ., viceversa, trova applicazione quando il vizio riscontrato sia di maggiore entità tanto da mettere in forse la solidità del manufatto. Pensiamo, per esempio, al caso in cui siano stati danneggiati gli elementi strutturali del corpo di fabbrica con conseguente possibilità di crollo dell'edificio. In parole povere, la scriminante tra l'art. 1667 e l'art. 1669 cod. civ. si sostanzia nella maggiore o minore gravità del vizio e/o difetto contestato. Proprio per questo motivo il Legislatore prevede, per i vizi più gravi, una maggiore garanzia.

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