Condominio

Condanna del costruttore per l’impianto condominiale di riscaldamento rumoroso

E’ lui il responsabile dei difetti che pregiudicano l’impiego duraturo di un’opera condominiale

di Ivan Meo

Il costruttore, responsabile dei gravi difetti che pregiudicano quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata l'opera, risponde del danno non patrimoniale e penalità di mora al condomino quando l'impianto di teleriscaldamento è rumoroso. Questo è il principio espresso dalla sentenza del Tribunale di Milano, Sezione X Civile, 2 aprile 2019, numero 3265.

La fattispecie in esame
Tizio conveniva in giudizio il Condominio nonché la società beta, per accertare che le immissioni sonore nel suo appartamento provocate dall'impianto di teleriscaldamento condominiale, eccedevano il limite normale di tollerabilità; di conseguenza, chiedeva il risarcimento dei danni subiti. Costituendosi in giudizio, il Condominio chiedeva la condanna della società alla eliminazione dei vizi e al risarcimento dei danni; quest'ultima, invece, eccepiva la prescrizione dell'azione ex articolo 1667 Codice civile.

L'interpretazione estensiva del difetto di costruzione
Secondo il giudicante si trattava di domanda ex articolo1669 Codice civile, essendo i vizi denunciati tra quelli così qualificati dalla Suprema Corte. In particolare, in merito ai gravi difetti previsti dall'articolo 1669 Codice civile, c’è stata un’evoluzione giurisprudenziale che ha portato la Corte di Cassazione con le proprie pronunce ad estendere l'applicabilità dell’articolo, grazie ad un'interpretazione estensiva del grave difetto inteso non solo come fenomeno che possa pregiudicare la sicurezza e staticità dell'edificio, ma anche come alterazione che incida sulla struttura e funzionalità globale dello stabile, menomando, così, in modo apprezzabile il godimento dell'opera stessa o la capacità della stessa a fornire l'utilità economica e pratica per cui è stata costruita (Cassazione Civile 8 maggio 2007 n.10533).

Si tratta di un principio ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 27 marzo 2017 n. 7756) che ha precisato che il grave vizio di cui all'articolo1669 Codice civile può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un'insoddisfacente realizzazione dell'opera, che può riguardare quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata (quali ad esempio, le condutture di addizione idrica, i rivestimenti, l'impianto di riscaldamento, la canna fumaria).

Il limite di normale tollerabilità
Premesso ciò, nella fattispecie, la Ctu aveva individuato la sussistenza di vizi qualificabili ex articolo 1669 Codice civile, così come descritti dalla relazione depositata secondo cui «l'impiantistico non rispetta i criteri e le buone prassi di corretta realizzazione ed installazione acustica».

In particolare, secondo il tecnico, all'esito della rilevazione fonometrica dei livelli delle immissioni generate dagli impianti installati nel locale Centrale teleriscaldamento, effettuata con l'impiego di idonea strumentazione, era stato documentato l'andamento degli eventi sonori associati all'immissione. Era emerso che nell'appartamento di Tizio si verificavano immissioni di rumore, conseguenti al funzionamento dell'impianto di teleriscaldamento e acqua calda sanitaria, che superavano il limite di normale tollerabilità previsto dall'articolo 844 Codice civile.

Misure di coercizione indirette a carico della società costruttrice
Alla luce di ciò, la convenuta società essendo responsabile ai sensi dell'articolo 1669 Codice civile in qualità di costruttrice dell'edificio condominiale e quindi anche dell'impianto di riscaldamento oggetto di causa, è stata obbligata a porre in essere i rimedi e le opere indicate nella Ctu. In particolare il Tribunale ha accolto la domanda ex articolo 614 bis Codice procedura civile; pertanto, la società è stata condannata al pagamento in favore dell'attore della somma giornaliera di 15 euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dei lavori.

La quantificazione del danno
L'assenza di un danno biologico documentato non impedisce il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite quando siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiana, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

In mancanza di prova di danno alla salute, è possibile il riconoscimento del risarcimento del danno derivante dalla lesione al normale svolgimento della vita familiare. Per questo, il giudicante ha riconosciuto all'attore in via equitativa la somma di 10 mila euro quale risarcimento per il danno non patrimoniale dalla data della denuncia ad oggi.

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