Condominio

Coronavirus e blocco delle assemblee, cosa accade se i lavori non sono prorogabili?

di Carlo Pikler

Tra le misure contenute nel decreto legge 6/2020 approvato dal Consiglio dei ministri per fronteggiare la diffusione del corona virus nelle zone focolaio, si legge: «sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in un luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico». Formula poi ripresa nelle ordinanze delle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna.

La pena prevista in caso di trasgressioni (articolo 650 del Codice penale) prevede anche la possibilità di arresto per un periodo sino a tre mesi.

Per gli amministratori di condominio e per i condomini delle aree colpite alla restrizione (quasi tutto il Nord Italia), significa che non si possono tenere neppure riunioni di condominio in quanto si aggregherebbero, in un luogo privato, una serie di soggetti aumentando così il rischio di contagio da Coronavirus.

Caso fortuito o forza maggiore
Si tratta di un classico motivo avente il carattere di ”eccezionale e urgente”, quello che in diritto è inquadrato come “caso fortuito o forza maggiore”.

In ambito civilistico il caso fortuito, infatti è un evento imprevedibile e inevitabile che si verifica indipendentemente dalla volontà e dall'agire di una persona rendendo impossibile l'adempimento di una obbligazione o il riconoscimento di una responsabilità.

In ambito penale anche viene data rilevanza giuridica al caso fortuito posto che, trattandosi di un evento non voluto, l'accadimento di questo esclude la possibilità di ravvisare il dolo o la colpa in capo a chi commesso un reato (Art. 45 c. p.).

Concetto simile e spesso sovrapposto a quello di caso fortuito è quello di forza maggiore.
Anche essa, porta ai medesimi effetti del caso fortuito essendo, infatti, un evento imprevedibile e inevitabile che, tuttavia, va identificato in una forza alla quale non è oggettivamente possibile resistere. Si pensi, in questo caso, ad una raffica di vento, al fatto del terzo oppure, come nel caso che ci occupa, all'ordine della pubblica autorità.
Entrambi i concetti, in ogni caso, assolvono la medesima funzione di escludere potenzialmente la responsabilità.

Le conseguenze delle «esimenti» per l’amministratore
Cosa comporta questa esenzione in termini pratici per l'amministratore?
Innanzitutto che questi non possa vedersi addebitate responsabilità per la mancata convocazione assembleare precedentemente indetta (anzi, al contrario, gli sarebbe addebitabile una trasgressione ad una norma imperativa laddove comunque pretendesse la presenza dei condomini in assemblea, eventualmente potendoglisi anche ascrivere il reato di “istigazione a delinquere” previsto dall'art. 414 c.p.: “Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell'istigazione.”

Decisioni improrogabili
Il problema che si pone però, da un punto di vista squisitamente pratico è cosa possa accadere laddove l'amministratore debba trovarsi nella necessità di adottare decisioni aventi il carattere di urgenza e non derogabili, senza la possibilità di poter ottenere il previo consenso dell'assemblea condominiale.

Occorre innanzitutto ricordarci che il rapporto che lega l'amministratore al condominio, è inquadrabile con il contratto di mandato, il quale ha ad oggetto il compimento di attività giuridicamente rilevanti. L'articolo 1703 usa l'espressione “atti giuridici” e si ritiene che il legislatore abbia voluto riferirsi sia agli atti giuridici in senso stretto (ad esempio atti dovuti e atti di adempimento) che ai negozi.

Ciò non toglie che il mandatario non possa (anzi, in certi casi debba) compiere anche atti materiali, ma il compimento di tali attività deve rivestire un ruolo accessorio rispetto al compimento dell'attività principale.

Il mandatario ha l'obbligo giuridico di curare un interesse altrui. È stato precisato, però, che posto in questi termini il discorso è troppo vago e va quindi calato all'interno della realtà condominiale.

Posto che, in linea di massima, gli obblighi principali del mandatario sono due ovvero compiere l'attività prevista dal mandato e rimetterne gli effetti al mandante, dobbiamo riprendere il contenuto dell'art. 1711, secondo il quale il mandante può ratificare l'atto che eccede i limiti del mandato.

Tale ratifica, serve a deviare gli effetti del negozio gestorio (che è e resta valido in qualunque caso) dal mandatario al mandante. La ratifica di cui parla l'articolo in questione è diretta al mandatario e non ha la funzione di dare validità ad un atto invalido, ma è un atto unilaterale recettizio con cui si pone in essere una modifica all'oggetto del contratto di mandato.

Altra dottrina vede la ratifica del mandante come l'accettazione di una proposta proveniente dal mandatario, creandosi quindi una fattispecie bilaterale di tipo contrattuale.

Revoca impossibile
Indipendentemente da quale orientamento si voglia preferire, resta inteso che laddove l'attività non possa essere in alcun modo revocata, l'amministratore dovrà procedere ad eseguirla, e i condòmini non potranno certo lamentare un loro mancato preventivo interpello; anzi, proprio in queste situazioni l'amministratore, laddove riesca a dimostrare tale improrogabilità e che l'attività è stata posta in essere per creare un vantaggio al condominio (o per evitare uno svantaggio), ha pieni poteri ad eseguirla, a cospetto della futura volontà di ratifica da parte dell'assemblea che nulla potrà obiettare posta l'impossibilità di una previa convocazione e di ottenere una delibera assembleare sul punto.

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