Condominio

Non si può sciogliere la comunione del cortile perché non serve solo a dare aria

Nel caso in esame la richiesta riguardava un cortile interno. La Cassazione ha precisato che l’uso dello stesso non è solamente quella principale, oggettiva, di fornire aria e luce

di Annarita D’Ambrosio

Ritorna sul tema della comunione del cortile di uno stabile la sentenza della Cassazione numero 4014 emessa il 18 febbraio 2020. Ad originarla la richiesta di un comproprietario di un cortile interno di scioglimento della comunione dello stesso, sul quali altri due condomini vantavano una servitù di passaggio. Il comproprietario chiedeva l’assegnazione esclusione del bene a suo favore, qualora non risultasse divisibile.

La pronuncia di primo e secondo grado
In primo grado la domanda del comproprietario era stata respinta, accogliendosi la tesi dei convenuti dell’indivisibilità del cortile , poiché privo di funzione autonoma. Il tribunale riteneva che si dovesse applicare non l’articolo 720 del Codice civile ma l’articolo 1119, che dispone la divisibilità delle parti comuni solo se ciò non renda scomodo a ciascun condomino l’uso della proprietà, analisi confermata in appello.

Il ricorso in Cassazione
Tre i motivi addotti dal ricorrente che chiedeva la pronuncia della Suprema Corte. Tra questi anche il ricorso proprio all’articolo 1119, in quanto basato sull’erronea convinzione della condominialità del bene. Il comproprietario ricordava l’esistenza del solo diritto di passaggio pedonale e veicolare degli altri condomini e respingeva la presunzione della corte sulla natura del bene.

La funzione del cortile
Inoltre, a suo avviso occorreva distinguere tra l’utilità del cortile di dare luce e aria all’edificio rispetto all’uso soggettivo dello stesso da parte dei vari proprietari dei piani. In sostanza veniva contestata la sentenza d’appello che considerava come funzione primaria del cortile quella di posteggio di veicoli, scarico merci o passaggio. Ad avviso del ricorrente quelle sono «mere funzionalità, rispetto alla funzione principale del cortile che è quella di fornire aria e luce all’edificio» (Cassazione 15/06/2012 n.9875; Cassazione 138979/10).

Il cortile in comunione e la richiesta di divisione
Il cortile, pur non condominiale, è comunque posseduto in comunione rilevava la Corte. È vero che «per l’articolo 1111 Codice civile ciascuno dei comproprietari può chiedere la divisione della comunione, ma la norma va letta in connessione con quella immeditamente successiva dell’articolo 1112 Codice civile, la quale esclude che la divisione possa essere chiesta nel caso di beni che, se divisi, cesserebbero di servire all’uso a cui sono destinati».

La Corte precisava inoltre che « la destinazione d’uso di un cortile non è solamente quella principale, oggettiva, di fornire aria e luce, ben potendo i comproprietari decidere di ampliarne le modalità di utilizzo prevedendo delle funzioni accessorie che vanno ad integrare la destinazione d’uso (Cassazione n.13879/2010; n.621/1977)

Anche se si esclude la natura condominiale dunque, il cortile non è comunque da ritenersi divisibile ex articolo 1112 Codice civile (cassazione n.989/1967; n.708/1970).

Val pena ricordare in tal senso che l'uso esclusivo del cortile condominiale, o di parte di esso ad esempio quale posto auto, inteso come diritto perpetuo che può essere ceduto in vendita, potrebbe avere i giorni contati. L'ordinanza interlocutoria n.31420, depositata il 2 dicembre 2019 , rimette infatti alle Sezioni Unite la questione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©