Condominio

Video in condominio e Pg, regole diverse per aree aperte al pubblico e domicilio

di Carlo Pikler (Privacy and Legal Advice)

Le videoriprese effettuate dalla P.G. In base al loro potere investigativo, differenza della disciplina laddove si tratti di aree aperte al pubblico o domicilio.
Esaminiamo da un punto di vista della normativa privacy la recentissima sentenza n. 5253/20 emessa dalla Corte di Cassazione, sez. VI Penale del 13 novembre 2019, depositata il 7 febbraio e già oggetto di un articolo sul Quotidiano del Sole 24 Ore - Condominio di ieri .

Dai domiciliari al carcere, la prova è il video
Il motivo del contendere è il ricorso atto a revocare la conferma del provvedimento del Tribunale che portava all'aggravamento della misura cautelare che, dagli arresti domiciliari, era passata alla custodia cautelare in carcere, all'esito dell'accertata violazione delle prescrizioni imposte avvenuta attraverso la visualizzazione delle riprese di una telecamera collocata dalla polizia giudiziaria all'interno delle scale condominiali.

Dalle riprese effettuate con la telecamera poteva evincersi che il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari aveva colloquiato, al di fuori dell'appartamento, con il padre che non risultava con lui convivente, lasciando così intendere la volontà di evasione del soggetto.

Le due ipotesi
La Corte di Cassazione nell'esaminare il caso ha valutato le due distinte ipotesi, analizzando se le riprese vengono effettuate all'interno del domicilio di un soggetto, ovvero in un'area aperta al pubblico.

Ha così ribadito che è inibita ex art. 14 Cost. l'esecuzione di riprese video di comportamenti “non comunicativi” all'interno del “domicilio”, con il conseguente divieto della loro acquisizione ed utilizzazione anche in sede cautelare (Corte Cost. n. 135 del 2001, Cass. S.U. 26795 del 28/03/2006). Laddove invece le riprese vengano disposte dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio, bensì in luoghi pubblici, aperti o esposti al pubblico, si tratterebbe di “captazione delle immagini” qualificabili come “prova atipica disciplinata dall'art. 189 c.p.p. e quindi utilizzabile senza alcuna necessità di autorizzazione preventiva del giudice”. (Sez. 2, n. 22972 del 16/02/2018; Sez. 5, n. 37698 del 17/07/2008).

La legittimità delle riprese nei luoghi esposti al pubblico
La Corte di cassazione ha rimarcato quanto espresso in un precedente provvedimento degli ermellini , secondo il quale venne rilevata la legittimità delle videoriprese, eseguite dalla polizia giudiziaria , in assenza di autorizzazione del giudice, laddove fosse apposta una telecamera esterna all'edificio per inquadrare il davanzale della finestra e il cortile dell'abitazione, in quanto questi erano stati considerati “luoghi esposti al pubblico” e, pertanto, oggettivamente visibili da più persone.

Partendo da questo presupposto, secondo i Giudici di legittimità, ne deriva che, in virtù di detta percepibilità esterna, «n on sussiste alcuna intrusione nella privata dimora o nel domicilio e non sussistono, pertanto, le ragioni di tutela, sub specie di diritto alla riservatezza o alla “privacy”, ad essi connesse, potendosi, in tal caso, sostanzialmente equipararsi l'uso della videocamera ad una operazione di appostamento, eseguita nei limiti dell'autonomia investigativa, senza alcuna necessità di autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria» .

Sulle scale
In virtù di questo ragionamento, si è intesa come corretta la decisione del Tribunale che ha valutato legittima la decisione del pubblico ministero adottata senza autorizzazione del giudice, di installare le telecamere all'interno delle scale dell'edificio ed al di fuori dell'appartamento in considerazione del sospetto che, il soggetto sottoposto a misure cautelari, ricevesse terze persone al di fuori dell'abitazione.

Il Tribunale ha evidenziato che non sussistendo alcuna intrusione nella privata dimora o nel domicilio, non ricorrevano le ragioni di tutela del diritto alla riservatezza, potendosi fondatamente equiparare l'uso della videocamera ad una operazione di appostamento, eseguita nei limiti dell'autonomia investigativa in capo al P.M..

Le aree «frequentabili»
La Corte di Cassazione si sofferma poi a valutare se un luogo debba qualificarsi come pubblico o aperto al pubblico, riprendendo un principio dalla stessa già precedentemente espresso, secondo il quale il pianerottolo delle scale di un fabbricato in condominio costituisce un luogo aperto al pubblico in quanto consente l'accesso ad una indistinta categoria di persone e non soltanto ai condomini; si tratta, infatti, di un'area frequentabile da un'intera categoria di persone o da un numero indeterminato di soggetti che hanno la possibilità giuridica e pratica di accedervi senza legittima opposizione di chi su detto luogo esercita un potere di fatto o di diritto.

Basta un solo inquilino
Secondo la Corte, poi, non è determinante neppure la circostanza che l'immobile non abbia le caratteristiche di un condominio, essendo sufficiente (come nel caso in esame), che vi sia la titolarità di un unico soggetto che abbia locato anche una sola unità, nel qual caso si dovrà intendere il luogo come aperto al pubblico “per il possibile indeterminato accesso di altri soggetti che, al pari degli inquilini e dei proprietari, hanno il diritto di introdursi nell'androne delle scale comuni, sia perché a ciò titolati, sia perché autorizzati dai soggetti in possesso di tale titolo”.

Questa sentenza rappresenta il modo di intendere la tutela del dato personale così come la intende anche il GDPR, che richiede una continua valutazione in relazione al contemperamento degli interessi in gioco. In questa fattispecie si contrapponevano il diritto alla riservatezza al diritto alle indagini investigative del PM e, come ben motivato, ha prevalso quest'ultimo.

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