Condominio

Risponde di omicidio colposo l'installatore che non ferma l’impianto a gas pericoloso

La sua condotta omissiva era stata causa concorrente della morte di un cliente

di Giulio Benedetti

Nel controllo di sicurezza degli impianti a gas che si trovano negli edifici è ancora vigente la legge 1083/1971, la quale sanziona in via amministrativa l’installazione degli impianti a gas non realizzati secondo le regole delle buona tecnica per la salvaguardia della sicurezza .

I requisiti di sicurezza
Le norme Uni- Cig dettano i requisiti necessari per attestare che gli impianti siano stati realizzati secondo le regole della sicurezza , che contemplano la messa in sicurezza degli impianti per accertare se gli stessi , in esercizio, emettono pericolose emanazioni di monossido di carbonio . Per questo le norme di sicurezza prevedono che l'installatore , una volta realizzato l'impianto, effettui la prova di impianto, per evitare che lo stesso , qualora sia difettoso, non sia posto ugualmente in funzione e non metta in pericolo la vita delle persone.

Le colpe dell’installatore
La Corte di Cassazione (sentenza n. 2281/2020) ha rigettato il ricorso di un installatore avverso la sentenza che lo aveva condannato per l 'omicidio colposo di un cliente al quale non aveva segnalato la pericolosità dell'impianto. In particolare il ricorrente per ben due volte aveva accertato che l'impianto a gas emetteva dosi pericolose di monossido di carbonio, una delle quali due giorni prima del decesso del cliente, per la mortale intossicazione.

La tesi difensiva
Il ricorrente lamentava che la sentenza del giudice di appello non aveva rilevato che la presenza di monossido di carbonio era stata prodotta dal contemporaneo funzionamento della caldaia e del camino, che la fuoruscita dei fumi si sarebbe verificata anche se l'apparecchio a gas fosse stato perfettamente installato e che l'elevata concentrazione del monossido era stata rilevata all'interno della canna fumaria , il cui tiraggio era ottimale, e non dell'ambiente. Pertanto il ricorrente affermava che la causa dell'incidente era l'inversione termica causata dal contemporaneo funzionamento della caldaia e del camino.

Il fermo dell’impianto
La Corte di Cassazione, invece, dichiarava la responsabilità dell'installatore , come accertato dal giudice di appello il quale rilevava, al momento del suo intervento, una presenza di monossido di carbonio cinque volte superiore al limite consentito. Detto accertamento imponeva , per la pericolosità dell'impianto, il fermo del medesimo. La condotta omissiva e negligente dell'installatore del medesimo si inseriva nella serie causale che aveva causato , nel funzionamento contemporaneo del camino e dell'impianto, la morte del cliente.

Per il giudice di appello questo contemporaneo funzionamento non avrebbe provocato il decesso, se non si fosse accompagnato alla condotta omissiva dell'installatore , il quale non segnalava al cliente la pericolosa presenza di monossido di carbonio. La condotta del ricorrente era stata una causa concorrente e non una causa sopravvenuta. La sentenza pertanto è l'applicazione dell'articolo 40 , capoverso, del Codice penale, per cui non impedire un evento che si ha l'obbligo giudico di evitare equivale a cagionarlo.

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