Condominio

Il cortile adibito a parcheggio privato e l’utilizzo personale del bene comune

Vanno compravati i disagi

di Va. S.

Il Tribunale di Vicenza, nella sentenza n.1862 del 2019 , ha trattato una delle problematiche più frequenti all'interno dell'universo condominiale, ovvero l'uso della cosa comune per scopi individuali. L’art. 1102 Codice civile sancisce che ogni condòmino può servirsi del bene comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri comproprietari il pari uso.

Il caso concreto
Nella vicenda esaminata, l'oggetto della contesa era una corte comune. Gli attori proprietari di una frazione lamentavano l'uso improprio della stessa da parte dei vicini comproprietari convenuti, i quali parcheggiavano le proprie automobili ostacolando il transito e la manovra degli altri veicoli. Una scrittura privata del 1998 e relativa integrazione, prodotta dai convenuti, permetteva il parcheggio dei veicoli purché venisse rispettata la distanza dal garage di due metri.

L’utilizzo personale della cosa comune
Il tribunale di Vicenza ha ricordato, in merito, che il partecipante alla comunione può usare la cosa comune per un suo fine particolare, con la possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di essa, o di non impedire l'altrui pari uso.

Nel caso di specie, gli attori lamentavano che i convenuti avevano pavimentato a verde parte della corte in questione. Data la particolare ristrettezza dell'area, le vetture dei convenuti erano effettivamente di ostacolo al transito ed alla manovra dei veicoli degli attori. Tuttavia, in relazione alla richiesta relativa alla pavimentazione in sé, i giudici hanno ritenuto che non si trattava di una modifica della destinazione della corte, né nell'impedimento dell'altrui pari diritto. Anzi, la perizia aveva dichiarato che l'intervento non solo non aveva inciso sulla portata di carico dell'area, ma ne aveva migliorato la compattezza, aumentandone la consistenza. Inoltre, nella integrazione della perizia, il tecnico dichiarava che l'opera realizzata non incideva in nessun modo al transito degli aventi diritto in quanto la larghezza permetteva il passaggio pedonale dal lato sud a nord.

Sulla doglianza della parte attrice secondo cui i convenuti avrebbero ostacolato l'accesso al sentiero che, partendo dalla corte comune e attraverso i mappali di proprietà dei convenuti, consente di raggiungere a piedi la fonte d'acqua, che si trova sul colle sovrastante, i giudici hanno rilevato che, per la parte attrice, l'impedimento era dovuto non solo al parcheggio esclusivo delle auto dei convenuti ma anche al posizionamento, da parte di questi ultimi, di bancali di legno e rifiuti. Doglianza, questa, destituita di fondamento dopo che il sopralluogo del Ctu aveva confermato il posizionamento di alcuni bancali ma senza poter riferire chi li avesse messi. Inoltre, in sede d'istruttoria, questi beni erano stati rimossi.

La sentenza ed il rigetto delle domande di risarcimento
Le domande di risarcimento del danno, sia di parte attrice che di parte convenuta, sono state dunque ritenute infondate. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con le sentenze gemelle 26972-3-4-5 del 15.11.2008, ha riconosciuto la risarcibilità del danno non patrimoniale anche per lesione di interessi costituzionalmente rilevanti, purché ricollegabili a diritti inviolabili. Tale non è il diritto di proprietà.

Inoltre, la Corte europea di Strasburgo, nell'articolo 17 della Carta di Nizza, assegna al diritto di proprietà il carattere di diritto fondamentale ed, analogamente, la Cedu ne suggella il carattere inviolabile all'articolo 1 del Primo protocollo addizionale, ricollegandosi all'ordinanza 20 maggio 2014 n. 20636, con cui, la Suprema Corte ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 44, comma 2, del Dpr 380/2001, affermando che la Costituzione della Repubblica italiana riconosce come fondamentale non il diritto di proprietà senza aggettivi, ma il diritto di proprietà personale, quella riferibile al soddisfacimento dei bisogni primari dell'uomo.

Nel caso esaminato, entrambe le parti si erano limitate a richiedere una somma determinata in base a parametri privi di un qualsiasi appiglio oggettivo, senza indicare specificamente i disagi lamentati. Anche la domanda riconvenzionale di parte convenuta, avente ad oggetto la condanna di parte attrice a non sostare sull'area di cui è causa, per la sussistenza di un diritto di uso esclusivo a favore della stessa è stata ritenuta destituita di fondamento e rigettata.

Il Tribunale di Vicenza ha, perciò, accertato e dichiarato che l'area in questione era di corte comune destinata al transito, alla sosta temporanea ed alla manovra dei veicoli, condannando i convenuti ad astenersi dall'arrecare molestie o turbative mediante l'uso improprio della corte, rigettando il resto delle domande dell’attore e dei convenuti.

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