Condominio

Spese per il lastrico solare, ripartizione approvata a maggioranza

di Edoardo Valentino

La modifica dei criteri di ripartizione delle spese del lastrico solare non deve essere necessariamente approvata all'unanimità.
Il principio pronunciato dalla Cassazione con la sentenza numero 1992 del 29 gennaio 2020 afferma che non serve l'unanimità dei condomini per approvare una modifica dei criteri di riparto delle spese del lastrico solare, essendo la ripartizione in concreto validamente approvata con la maggioranza assoluta degli aventi diritto.

La delibera modifica il regolamento
Il caso in concreto prendeva le mosse con l'azione che un condomino muoveva nei confronti del condominio, in particolare impugnando una delibera presso il Giudice di Pace affermandone la nullità.

A detta del condomino, difatti, il condominio aveva deliberato una modifica del regolamento contrattuale senza l'unanimità prevista dalla legge e, di conseguenza, la delibera assembleare sarebbe stata radicalmente nulla.

E affermava come nel regolamento contrattuale , predisposto dal costruttore ed accettato dai proprietari, vi fosse la previsione di un riparto delle spese di manutenzione del lastrico solare – che era in sua proprietà esclusiva – secondo le tabelle millesimali.
Con l'assemblea impugnata, invece, il condominio aveva modificato tale norma e introdotto il diverso riparto delle suddette spese secondo le norme dell'art. 1126 c.c.

La legge citata afferma sul punto che «Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno».

Delibera solo annullabile
A parere del giudice di merito, tuttavia, l'impugnazione era affetta da un vizio procedurale, in quanto il vizio lamentato dall'attore avrebbe tutt'al più comportato l'annullabilità della delibera e non la sua nullità.

La conseguenza pratica di tale valutazione era il termine di trenta giorni per impugnare la delibera, ai sensi dell'articolo 1137 del Codice Civile. Stante la circostanza del superamento del termine sopra citato, il giudice dichiarava la domanda attorea come tardiva e quindi improcedibile.

Similmente, il Tribunale, adito in grado d'Appello, confermava la valutazione del primo giudice e dichiarava la soccombenza del condomino. La vicenda approdava quindi in Cassazione, grazie al ricorso depositato dal ricorrente a seguito della duplice soccombenza nei gradi di merito.

Il parere della Cassazione
Il suddetto atto era incentrato su un unico motivo, in particolare la presunta violazione degli articoli 1123, 1124 e 1125 del Codice Civile da parte del Giudice d'Appello.
A detta del ricorrente, la nullità della sentenza sarebbe stata quella di avere valutato erroneamente il vizio della delibera impugnata; questa aveva – consapevolmente e non per mero errore – modificato il criterio di ripartizione di spese previsto nel regolamento, sostituendolo con il citato criterio di cui all'art. 1126 del Codice Civile, senza avere l'unanimità dei voti dei condòmini .

Per il ricorrente tale vizio, incidente sui diritti individuali, avrebbe dovuto portare alla declaratoria di nullità della delibera impugnata e non alla mera contestazione della annullabilità (con la conseguente valutazione sulla tardività dell'impugnazione sopra riportata).

La nuova tabella tabella non era «contrattuale»
Con la sentenza in commento la Seconda Sezione della Corte di Cassazione respingeva il gravame del condomino, valutando come la previsione modificata dalla assemblea impugnata non avesse carattere di norma regolamentare contrattuale, in quanto non atteneva ai diritti individuali dei condomini, ma solo alla modalità di ripartizione delle spese su un manufatto privato del condomino con funzione di lastrico solare di copertura per il condominio.

Con la delibera oggetto di causa, quindi, l'assemblea non aveva modificato i criteri generali di riparto delle spese condominiali, ma si limitava esclusivamente all'approvazione di una «ripartizione in concreto» (così nella sentenza di Appello).

La clausola modificata, a tutti gli effetti, non aveva efficacia contrattuale, ma solo regolamentare, essendo quindi modificabile a maggioranza e non necessitando l'unanimità dei voti dei condòmini.

Chi accetta il vantaggio sa che potrà essere modificato
Vi era poi da considerare che, accettando il condomino il regolamento predisposto dal costruttore, egli aveva accettato anche – a suo vantaggio – la parte dello stesso che derogando al criterio di riparto delle spese del lastrico solare di cui all'art. 1126 del Codice Civile, imponeva un criterio di riparto basato sui millesimi di proprietà.

L'accettazione di tale vantaggio, sosteneva la Cassazione, comportava l'implicita accettazione della modificabilità di tale regola a maggioranza e non già all'unanimità.
La modifica di tale diritto, disponibile in quanto frutto della scelta del condomino, non comportava la nullità della delibera impugnata.

Alla luce di tali principi la Cassazione confermava l'esito della decisione d'Appello e condannava il condomino alla refusione delle spese di causa.

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