Condominio

Barriere architettoniche, ok agli ascensori negli edifici vincolati anche per gli anziani

Consiglio di Stato: l'eventuale no ai permessi deve essere motivato in modo particolarmente convincente e solo per casi eccezionali

di Alfredo Vitale - Quotidiano del Sole 24 Ore - Edilizia e Territorio


Con la sentenza n. 355 del 14 gennaio 2020, il Consiglio di Stato (Sez. II) torna ad affrontare il delicato tema del contemperamento tra la necessità di provvedere alla rimozione delle barriere architettoniche e la tutela degli immobili di interesse storico e architettonico.

La decisione trae origine dalla richiesta avanzata dall'amministratore di uno stabile sottoposto alla tutela prevista dall'allora vigente legge 29 giugno 1939, n. 1497, di conseguire i necessari titoli edilizi per provvedere all'installazione di un ballatoio in struttura metallica di smonto all'impianto dell'ascensore - struttura indispensabile per il superamento della rampa di scale da parte di condomina portatrice di handicap, richiesta negata dal Comune di Napoli «in quanto si configurerebbe alterazione della facciata laterale dello stabile», con motivazione che pertanto non si diffonde in alcun modo sulla eventuale gravità e serietà del pregiudizio estetico sofferto dallo stabile.

Le barriere «superano» il vincolo
A tale riguardo, il Consiglio di Stato, confermando quanto già statuito dal Tar Campania in primo grado, ha ribadito che secondo l'art. 4 della legge 9 gennaio 1989, n. 13 (recante «Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati»), gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche previsti dall'art. 2 della legge, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate nel senso descritto, si possono effettuare anche su beni sottoposti a vincolo come beni culturali, e la relativa autorizzazione, come previsto dal comma 4 di tale articolo, «può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato», precisandosi quindi al comma 5 che «il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato».

Secondo i Giudici di Palazzo Spada, i valori presidiati dalla citata legge in tema di rimozione delle barriere architettoniche (riconducibili all'art. 32 Cost. nonché, con riferimento alle fonti normative sovranazionali, alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti per le persone con disabilità adottata dall'Assemblea Generale con risoluzione n. 61/106 del 13 dicembre 2006 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18), imporrebbero, quindi, all'amministrazione «un onere di motivazione particolarmente intenso, e ciò in quanto l'interesse alla protezione della persona svantaggiata può soccombere di fronte alla tutela del patrimonio artistico, a sua volta promanante dall'art. 9 Cost., soltanto in casi eccezionali»; onere evidentemente non soddisfatto dalla laconica motivazione addotta dall'amministrazione comunale.

Anziani come i disabili
Peraltro, significativo è altresì evidenziare che, come chiarito dalla decisione in commento, la disciplina in tema di rimozione delle barriere architettoniche debba trovare applicazione non soltanto a favore di persone affette da disabilità ma «(…) anche a beneficio di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie».

E infatti, anche al riguardo propugnando una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni rilevanti, il Consiglio di Stato ha infatti ribadito come tale legge debba essere intesa nel senso per cui «(…) i problemi delle persone affette da una qualche specie invalidità devono essere assunti dall'intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali (così Corte Cost., 10 maggio 1999, n. 167, e Cass. civ., Sez. II, 25 ottobre 2012, n. 18334) e non già di accordare diritti personali ed intrasmissibili a titolo di concessione alla persona disabile in quanto tale (cfr. sul punto Cass. civ., Sez. II, 26 febbraio 2016, n. 3858 )».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©