Condominio

Il moroso che vende o dona l’immobile è di fatto al riparo dal decreto ingiuntivo

Gli effetti su donazione e vendita dei beni del condomino moroso dopo la notifica del decreto ingiuntivo da parte del condominio

di Michele Orefice

La procedura giudiziale per il recupero coattivo delle rate condominiali scadute potrebbe riservare brutte sorprese all'amministratore di condominio, che intende agire in via esecutiva, quando il condomino destinatario del decreto ingiuntivo dovesse ricorrere a stratagemmi atti a scongiurare il pignoramento dei beni.

Ne consegue un gioco a rimpiattino tra il condomino moroso, che tenta di occultare il proprio patrimonio e l'amministratore di condominio, che prova a rintracciare i beni pignorabili. In quest'ottica l'attività di indagine dell'amministratore diventa fondamentale nel caso in cui il condomino si rifiuti di pagare le somme ingiunte, in quanto il buon fine della procedura di recupero delle rate condominiali sarebbe strettamente dipendente dalla disponibilità dei beni dello stesso condomino, sui quali il condominio potrebbe effettuare l'esecuzione forzata, per soddisfarsi del credito.

Infatti, è opportuno che l'amministratore effettui le ricerche sul patrimonio del debitore prima di intraprendere un eventuale azione esecutiva, per il fatto che la non sicura solvibilità del condomino può giustificare il suo rifiuto ad intraprendere la procedura esecutiva vera e propria (Corte di Cassazione sezione sesta - ordinanza n. 20100 del 02/09/2013).

Il che evidenzia come la notifica al moroso dell'atto di precetto e del relativo decreto ingiuntivo mettano al riparo l'amministratore da eventuali responsabilità, per non aver proceduto con l'azione di recupero del credito, fermo restando che la scelta di procedere o meno all'esecuzione forzata rientra nella suo potere discrezionale. In ogni caso, individuare cose e crediti del moroso, da sottoporre ad esecuzione, implica spese e difficoltà, anche se oggi, per il creditore procedente in possesso di un titolo, è diventato più semplice assumere informazioni sul patrimonio del debitore.

La procedura per la ricerca dei beni in vista dell'esecuzione
Sotto quest'aspetto l'introduzione nel codice di procedura civile dell'articolo 492 bis ha avuto il merito di agevolare l'attività di indagine sul patrimonio del debitore, consentendo al creditore procedente di effettuare la ricerca telematica dei beni da pignorare. In pratica basta trasmettere un'istanza al Presidente del Tribunale del luogo in cui è residente il debitore, anche a mezzo pec, da depositare come atto di volontaria giurisdizione, allegando titolo esecutivo, atto di precetto, e contributo unificato.

Poi, dopo le intervenute verifiche sul diritto dell'istante a procedere ad esecuzione, il Presidente del Tribunale provvede a trasmettere l'autorizzazione al creditore, via pec. A seguito del rilascio del provvedimento autorizzativo sarà cura del creditore procedente presentare un'altra istanza, con autorizzazione allegata, all'Agenzia delle Entrate, anche tramite pec, per ottenere le informazioni comprese nell'anagrafe tributaria, inclusi i rapporti finanziari e previdenziali del debitore, ovviamente dietro pagamento dei diritti di copia. In proposito si osserva che il servizio degli ufficiali giudiziari previsto dalla norma, purtroppo, non è ancora operativo, per mancanza di accessibilità alle banche dati da parte loro.

I documenti rilasciati dall'Agenzia delle Entrate
1.dichiarazione dei redditi riferita all'ultimo anno d'imposta.
2.certificazioni uniche relative ai redditi di lavoro dipendente, ai redditi di lavoro autonomo e ai redditi diversi, relative all'ultimo biennio.
3.estremi degli atti del registro, tipo locazione o affitto d'azienda, riferiti agli ultimi dieci anni.
4.estremi degli istituti di credito e degli intermediari finanziari, con i quali il debitore intrattiene rapporti finanziari, senza specificazioni sulla giacenza o i movimenti.

Gli effetti della donazione e della vendita dell'immobile sul decreto ingiuntivo
In realtà, dall'estratto dell'Agenzia delle Entrate potrebbe risultare che il condomino debitore non possiede beni pignorabili e non soltanto per l'indisponibilità di giacenze monetarie, dovuta magari ad un reddito non superiore al minimo vitale, ma anche perché il debitore ingiunto non risulta essere più proprietario di alcun immobile, neanche di quello ubicato in condominio.

Ciò sta a significare che il debitore improbo, dopo aver ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo, per evitare il rischio del pignoramento, si è spogliato di tutti i suoi beni, incluso l'immobile in condominio, ricorrendo ad atti di donazione o di vendita.

Tutti e due gli atti dispositivi permettono al debitore di sottrarre i beni alla disponibilità dei creditori che, in assenza di altre garanzie, andrebbero a subire un evidente pregiudizio.

Ne consegue che il condominio non potrà agire in via esecutiva nei confronti dell'ex condomino debitore, potendo, casomai, soltanto aspettare che questi diventi, in futuro, proprietario di beni o di redditi da pignorare, con la speranza che ciò avvenga entro il termine prescrizionale del decreto ingiuntivo, fissato in dieci anni dalla data in cui è divenuto definitivo.

Peraltro, il titolo precostituito nei confronti dell'ex condomino moroso, cioè il decreto ingiuntivo del condominio, non potrà essere azionato contro il nuovo acquirente, che è soggetto diverso rispetto al venditore ingiunto.

Tanto basta per ritenere che nell'ipotesi l'amministratore si troverà di fronte ad una situazione molto complicata, che lo porterà ad effettuare delle scelte, in vista dell'azione da intraprendere, per recuperare il credito.

In sintesi l'amministratore dovrà decidere se procedere o meno contro l'ex condomino destinatario dell'ingiunzione, per far annullare, in via giudiziale, gli atti di donazione o di vendita effettuati dopo la notifica del decreto ingiuntivo, oppure potrebbe pensare di recuperare dal nuovo condomino il credito vantato dal condominio nei confronti del precedente proprietario.

L'azione revocatoria ordinaria del condominio
La prima soluzione, che viene in mente, è quella di proporre la cosiddetta azione revocatoria ordinaria, di cui all'articolo 2901 del codice civile, che potrebbe consentire al condominio di far dichiarare inefficace nei suoi confronti la vendita o la donazione fraudolenta, cioè gli atti dispositivi del patrimonio compiuti dal precedente condomino, per pregiudicare il recupero del credito condominiale.

Sotto tale profilo la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 2157 del 09/08/2019 ha consacrato l'ammissibilità dell'azione revocatoria ordinaria, per la tutela dei crediti condominiali, con la possibilità per il condominio di far annullare gli atti fraudolenti del condomino moroso, che siano ritenuti potenzialmente dannosi per il recupero delle quote condominiali, e ciò anche nel caso in cui il credito vantato fosse oggetto di giudizi pendenti.

Tale azione, però, per essere esperita, oltre al presupposto del pregiudizio concreto per il soddisfacimento del credito condominiale, necessita di altre due condizioni fondamentali e cioè: la malafede del condomino e la consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio procurato al condominio.

Trattasi di circostanze non sempre facili da dimostrare, per non dire che la lungaggine del processo non favorirebbe il condominio procedente e senza considerare il fatto che l'acquirente non ha l'obbligo di verificare la situazione economica del venditore.

Peraltro, nelle more del giudizio, l'assemblea condominiale dovrebbe decidere con quali modalità far fronte alla mancanza delle somme ingiunte all'ex condomino, potendosi facilmente immaginare che la soluzione più accreditata finirebbe per essere quella di istituire un fondo destinato a coprire la sua morosità, al fine di evitare possibili pregiudizi economici al condominio, con tutte le criticità che ne derivano in termini di validità della delibera.

La rivalsa sul nuovo proprietario
Per tali ragioni è consigliabile che l'amministratore e l'assemblea condominiale percorrano un'altra strada, per recuperare il credito, tenendo presente che il condomino è l'obbligato principale nei confronti del condominio e non l'ex condomino. È pacifico che l'azione monitoria di cui all'articolo art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile sia azionabile unicamente contro i condòmini e quindi la stessa azione può essere esperita anche contro il nuovo condomino, per i debiti del precedente proprietario, che gli ha ceduto i diritti sull'immobile.

Non sfugga il fatto che il codice civile non specifica nulla in ordine al momento in cui nasce l'obbligo di pagare i contributi condominiali.

Le spese del decreto ingiuntivo al moroso attribuite al nuovo proprietario
Innanzitutto, se è ammesso che l'acquirente nella fase delle trattative si possa fidare del venditore e del mediatore immobiliare, nonché del notaio, che garantirà il tutto, non è pensabile che l'acquisto di un immobile in condominio possa prescindere dall'assunzione di informazioni ufficiali sulla situazione dei versamenti condominiali effettuati dal condomino-venditore.

Ci si riferisce alla richiesta, di cui dall'articolo 1130 n. 9 del codice civile, che va inoltrata all'amministratore di condominio, per ottenere il rilascio dell'attestazione dei pagamenti e delle eventuali liti in corso.

Tale dichiarazione mette l'acquirente in condizione di conoscere le morosità del venditore nei confronti del condominio, tant'è che sarebbe utile per il compratore pretenderla prima della sottoscrizione del preliminare di vendita.

Inoltre, anche i notai “attenti” richiedono di entrare in possesso della suddetta attestazione, ai fini della stipula del rogito, in funzione dell'accordo dettagliato, che deve intercorrere tra le parti sulle spese condominiali in sospeso.

Per quanto riguarda, poi, l'operato del mediatore immobiliare giova ricordare che questi, ai sensi dell'articolo 1759 del codice civile, ha l'obbligo di comunicare alle parti le circostanze di carattere economico connesse alla conclusione dell'affare e non solo quelle che conosce, ma anche quelle che avrebbe dovuto conoscere con l'ordinaria diligenza di cui all'articolo 1176 del codice civile.

Va da sé che in caso di vendita di un immobile in condominio il mediatore non potrebbe eccepire di non aver avuto conoscenza dei sospesi nel pagamento degli oneri condominiali relativi allo stesso immobile, se non si è neanche preoccupato di ottenere l'attestazione dei pagamenti da parte dell'amministratore.

Infatti, il mediatore potrebbe essere responsabile nei confronti del cliente, per violazione del dovere d'informazione, insieme al venditore (Corte di Cassazione - sentenza n. 6926 del 08 Maggio 2012). La buona fede è la regola in caso di compravendita ed è obbligo del venditore rendere edotto il compratore degli oneri e dei vincoli che gravano sull'immobile (Corte di Cassazione ordinanza n. 16640 del 05/07/2017). Ne consegue che venditore e acquirente rispondono solidalmente delle spese condominiali successive alla vendita, sebbene nei limiti temporali di cui all'articolo 63 delle disposizione attuative del codice civile.

Tant'è vero che per le quote condominiali relative all'anno dell'acquisto dell'immobile e all'anno precedente è pacifico che l'amministratore di condominio, possa richiederne il pagamento indifferentemente all'uno o all'altro.

L'articolo 63 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile sancisce il principio della cosiddetta ambulatorietà passiva delle obbligazioni, ossia la circostanza che l'acquirente dell'immobile sul quale gravano debiti pregressi possa essere chiamato a rispondere, in via solidale, dei debiti condominiali del venditore.

Per tali ragioni è possibile ritenere che nel rendiconto e nel preventivo di gestione l'amministratore addebiti al nuovo condomino l'importo delle quote condominiali del biennio, che non siano state pagate dal precedente proprietario, esigendone la corresponsione dal nuovo condomino, anche se tali quote rappresentano, totalmente o parzialmente, la sorte capitale del decreto ingiuntivo già notificato al suo dante causa.

Pertanto, a fronte del mancato pagamento del saldo pregresso, da parte del nuovo condomino, l'amministratore potrà agire nei suoi confronti richiedendo contro di lui l'emissione di un nuovo decreto ingiuntivo, sulla scorta del nuovo rendiconto approvato dall'assemblea.

In merito alle decisioni dell'assemblea è considerata legittima la delibera condominiale di approvazione del rendiconto, che contabilizza a carico del moroso le spese di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (Corte di Cassazione - ordinanza n. 751 del 18.01.2016).

Pertanto, è legittimo pensare che le spese del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, notificato nei limiti temporali di cui all'articolo 63 delle disposizione attuative del codice civile, che siano state contabilizzate a carico del precedente proprietario dell'immobile, rappresentino spese condominiali di competenza del nuovo condomino.

In altri termini lo status di condomino spetta all'acquirente e le spese condominiali hanno la natura di obbligazioni propter rem, ovvero seguono il bene a cui si riferiscono.

Nell'ipotesi non si può parlare di duplicazione di azione, anche perché non esiste nell'ordinamento un divieto assoluto di duplicazione dei titoli esecutivi, né tantomeno si può ragionare di frazionamento del credito, in quanto la solidarietà tra acquirente e venditore è prevista, indifferentemente, per tutte le spese condominiali, e quindi anche per le spese legali del decreto ingiuntivo notificato al precedente proprietario.

In proposito è d'obbligo evidenziare che l'articolo 63 delle disposizione attuative del codice civile non fa alcuna distinzione tra tipologie di spese pregresse, con la conseguenza che l'amministratore potrà rivolgere al nuovo condomino anche la richiesta di pagamento delle spese legali relative alle azioni avviate contro il precedente proprietario.

In definitiva, anche le spese legali del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, che era stato notificato al precedente proprietario, sono propter rem e rientrano nella previsione del suddetto articolo.

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