Condominio

Hashtag per il futuro dell’amministratore: #riformadelcondominio

Basterebbe alzare la testa dal proprio studio e dal proprio orticello e palesare la propria disponibilità pubblica ad agire

di Daniela Zeba

Mi riallaccio all' articolo di Francesco Schena di qualche giorno fa sull'organizzazione del popolo delle partite Iva in un numeroso gruppo Facebook, riflettendo su analoghi gruppi, vecchi e nuovi, che hanno come protagonisti gli amministratori di condominio.

La prima palese differenza è il numero di iscritti: noi amministratori facciamo un enorme fatica a fare gruppo coeso.

Ci hanno insegnato a diffidare dei colleghi, a guardare dall'alto in basso chi non appartiene alla nostra associazione.

Ci hanno condizionato a tal punto che non sentiamo di appartenere ad una categoria, pertanto non siamo portati alla lotta per la nostra affermazione professionale: il paradosso è che questo ci ha condotto alla negazione del nostro riconoscimento a tutto vantaggio dell'implicita proclamazione di un'altra professione, quella del Presidente di Associazione di Amministratori di condominio.

Vi sono Presidenti che, grazie al numero dei loro iscritti, guadagnano cifre da capogiro, Presidenti con giri d'affari da paura, che comprensibilmente nicchiano quando parte della base scalpita per l'ottenimento di un albo che garantisca agli amministratori di condominio riconoscimento e diritti paritetici alle professioni ordinistiche.

Albo significherebbe per loro (forse, ma non necessariamente) solo erosione di iscritti e minore business legata alla formazione.

Albo significherebbe invece per l'amministratore (e forse ancora di più per i condomini) tutela, qualità e regole certe per un mercato veramente competitivo.

E qui arriviamo alla seconda differenza: la mancanza di una comune vision e. Come una sfilacciata armata Brancalone siamo incapaci di concentrarci su pochi, ma essenziali obiettivi che possano caratterizzarci e darci quella dignità professionale che tutti lamentano, a cui tutti aspirano, ma per cui nessuno è veramente disposto a battersi.

Parlo di albo, equo compenso, cassa previdenziale autonoma, riforma della sciagurata legge 220/2012 che in realtà ha solo peggiorato i cardini fondanti della disciplina del condominio, lasciando irrisolti molti problemi, creandone di nuovi e rendendo confuso quello che almeno prima appariva chiaro (per esempio la durata d'incarico dell'amministratore).

Questo perché abbiamo sempre delegato ad altri la soluzione ai nostri problemi, di cui non siamo nemmeno consapevoli.

Oggi di nuovo c'è che una maggiore consapevolezza è maturata, ma la ritengo deboluccia, perché ancora fatichiamo a fare numero e soprattutto a fare rete.

Non essendo mai stati educati all'azione e a pensare come gruppo, aspettiamo sempre che qualcuno dall'esterno possa magicamente risolvere i nostri problemi; oppure attendiamo sempre il martire, la vittima sacrificale che esca allo scoperto, organizzi e concretamente raduni un esercito per andare alla conquista del riconoscimento.

Il problema è che ognuno di noi è soldato di quel fantomatico esercito. Ognuno di noi è chiamato a farne parte concretamente, ognuno di noi deve fare la sua parte, sui gruppi social, all'interno della propria associazione, nel quotidiano. Facile leggere i commenti concitati di qualche amministratore esuberante, facile fare click e mandare like dal divano.

È meno facile invitare altri colleghi a fare parte dei gruppi, meno facile condividere idee scomode all'ordine costituito, meno facile palesare la propria opinione: siamo per lo più una “marea silenziosa” incapace d'incresparsi davvero. Siamo degli individualisti miopi in attesa di un Messia, quando basterebbe alzare la testa dal proprio studio e dal proprio orticello e palesare la propria disponibilità pubblica ad agire.

Basterebbe poco per iniziare: basterebbe un hashtag nel proprio profilo social, nella propria carta intestata, nel proprio studio, da inserire in ogni comunicazione ed in ogni post: #riformadelcondominio

Saprebbero che esistiamo, che siamo tanti e che non abbiamo bisogno di Presidenti, associazioni e di lobby della proprietà per sapere chi siamo e cosa vogliamo e per rivendicare la nostra affermazione professionale.
Basterebbe poco, se solo lo volessimo...

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©