Condominio

Ingiunzione di pagamento: i rischi di prescrizione e i documenti che servono

Una guida pratica per l’amministratore di condominio alla riscossione dei crediti attraverso l’azione giudiziaria

di Fabrizio Plagenza

Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, come noto, potrà, senza bisogno di autorizzazione di questa, ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo con cui il Giudice ordinerà, al condomino moroso, di pagare quanto richiesto. Norma ormai ben nota agli addetti ai lavori, è sicuramente l'art. 63 delle disposizioni di attuazione al Codice civile che, infatti, dispone quanto sopra esposto.

La possibilità per l'amministratore di condominio di agire senza necessità di autorizzazione assembleare per procedere al recupero delle somme dovute per oneri condominiali non pagati, viene poi affrontata dall'art. 1129, comma 9, c.c., nella parte in cui indica il termine entro cui occorrerà procedere nel senso sopra indicato : l'amministratore, infatti, deve “agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall'assemblea”.

La procedura
Nella maggior parte dei casi, l'attività di recupero del credito in materia di oneri condominiali, si traduce nel deposito di un ricorso per ingiunzione di pagamento, espressamente disciplinato dall'art. 633 cpc e seguenti. Orbene, proprio il citato art. 633 c.p.c. indica i presupposti per poter ottenere un decreto ingiuntivo ed in particolare :
- domanda di chi è creditore di una somma liquida di danaro;
- prova scritta del diritto fatto valere.
Ciò detto, il diritto deve essere
- certo (chiaro e non oggetto di contestazione);
- liquido (ossia determinato o comunque facilmente determinabile);
- esigibile (non sottoposto a condizione sospensiva né a termini oppure che sia scaduto).

Il Tribunale di Roma, con una recente sentenza, la n. 19610/2019 pubblicata il 14 ottobre 2019, si è occupato proprio della documentazione posta a fondamento di un ricorso per ingiunzione di pagamento, precisando come nessuna norma imponga che la documentazione depositata debba essere supportata da attestazione di conformità all'originale.

Il caso
Con atto di citazione ritualmente notificato, una condomina, proponeva opposizione avverso un decreto ingiuntivo che era stato ottenuto, nei suoi confronti, da parte del Condominio. L'opponente sollevava, in particolar modo, due eccezioni: l'intervenuta prescrizione del diritto di credito del Condominio e la mancanza di conformità del verbale assembleare depositato nel procedimento.

La sentenza n. 19610/2019 merita rilievo perché ricorda, ancora una volta, che il termine di prescrizione per il diritto di credito relativo agli oneri condominiali, è soggetto a prescrizione quinquennale (per gli oneri ordinari) e non decennale.
Il Tribunale Romano ricorda, infatti, che oneri ordinari ed oneri straordinari, si differenziano tra loro anche per il diverso termine di prescrizione a cui soggiacciono:
- cinque anni per i crediti condominiali ordinari;
- dieci anni per i crediti condominiali straordinari.

Contrariamente a quanto sostenuto dall'opponente, infatti, il Tribunale di Roma ha avuto modo di ribadire che nel caso degli “oneri condominiali ordinari, essi hanno carattere ciclico, rinnovandosi nel corso di ogni esercizio di gestione, stante la natura periodica della maturazione degli stessi (cfr. Cass., 28 agosto 2002, n. 12596)” e, pertanto, trova applicazione la c.d. prescrizione breve, espressamente disciplinata in tali casi dall'art. 2948, n. 4, cod. civ., che prevede, come detto, la prescrizione quinquennale di tutti i crediti che debbono “pagarsi ad anno o in termini più brevi”.

Viceversa, la prescrizione è decennale per i crediti condominiali aventi natura straordinaria, come stabilito, in generale, per i diritti di obbligazione dall'art. 2946 cod. civ. che, pertanto, trova applicazione con riferimento agli “oneri straordinari od occasionali, che, in quanto dovuti a eventi non abituali o a contingenze episodiche, costituiscono una spesa che non si ripete nel tempo: cfr. Tribunale Roma, 22 settembre 2015, n. 18826”).

In passato la Corte di Cassazione ha confermato il suo orientamento in tema di prescrizione, con le pronunce nn. 11981/1992, 12596/2002, 4489/2014, con cui è stato chiaramente distinto un termine di prescrizione quinquennale per le spese fisse ed un termine di prescrizione decennale per le spese straordinarie o occasionali.

Venendo, poi, all'ulteriore eccezione sollevata dal condomino opponente, relativa ad un formale di difetto di “conformità” (ovvero di “autentica”) della documentazione allegata la ricorso monitorio, il Tribunale di Roma ha categoricamente rigettato il predetto motivo di opposizione sulla base di alcune semplici considerazioni.

La soluzione del Tribunale
In primo luogo, è la legge e, nello specifico, l'art. 63 disp. Att. c.c. che dispone che l'amministratore di un condominio sia legittimato ad agire ed a chiedere, perciò, l'emissione del decreto ingiuntivo contro il condomino moroso per il recupero degli oneri condominiali, allorquando sia stato deliberato in sede assembleare sulla loro ripartizione.

E poiché, si legge in sentenza, «la fonte di tale potere discende dall'approvazione assembleare del piano di ripartizione, non v'è ragione di distinguere tra gli oneri condominiali relativi a spese ordinarie e quelli riguardanti le spese straordinarie» (cfr. Cass., 9 dicembre 2005, n. 27292; vedi anche Cass., 9 ottobre 1997, n. 9787, secondo la quale costituisce sicuramente «prova scritta idonea a ottenere il decreto ingiuntivo exartt. 63 disp. att. cod. civ e 633 cod. proc. civ. per il pagamento delle spese condominiali il verbale dell' assemblea che approva il rendiconto»).

In secondo luogo, perché l'Amministratore non può attestare la conformità del documento al fine di dotarlo di una fede privilegiata. Solo un disconoscimento nelle forme e nelle modalità previste dal codice di procedura civile, da potersi peraltro effettuare a seguito del decreto ingiuntivo (comunque validamente nel frattempo emesso) in sede di opposizione, potrebbe, previo accertamento, far venire meno la presunzione di veridicità del documento contestato.

Come in passato ricordato dalla Corte di Cassazione (ordinanza n.27163 del novembre 2017 che richiama sentenze della Cassazione n. 747/1973 e n. 23903/2016), alla luce del fatto che una copia del verbale dovrà essere inviata ai condomini assenti e inoltre dovrà essere allegata al registro dei verbali, a sua volta messo a disposizione dei condomini, il verbale non necessità di alcuna conformità e chi ritiene non conforme a quanto deliberato in assemblea, avrà l'onere di dimostrare accuratamente e specificatamente la difformità alla realtà (senza tuttavia necessità di proporre querela di falso) posto che “il verbale di un'assemblea condominiale ha natura di scrittura privata, sicché il valore di prova legale del verbale di assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura, e, per impugnare la veridicità di quanto risulta dal verbale, non occorre che sia proposta querela di falso, potendosi, invece, far ricorso ad ogni mezzo di prova”.

È pacifico in giurisprudenza, infatti, che il verbale abbia valore di prova presuntiva dei fatti verificatisi in assemblea (Cass. n. 16774/2015) e che, proprio perché il predetto verbale ha natura di scrittura privata, non è possibile procedere in sede penale asserendone la falsità ideologica contro chi redige il verbale (Cass. penale n. 1274/1987).

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