Condominio

Appropriazione indebita, non serve capire dove sono finiti i soldi

Per provare l’appropriazione indebita dell’amministratore condominiale non è necessario accertare dove sono stati nascosti i beni sottratti

di Giulio Benedetti

Per provare l’appropriazione indebita dell’amministratore condominiale non è necessario accertare dove sono stati nascosti i beni sottratti.

L’amministratore condominiale è il mandatario del condominio e al termine del suo incarico deve rendere il conto e restituire tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato. Vale a dire che il denaro e i documenti sono di proprietà del condominio e l’amministratore non può trattenerli, magari vantando crediti verso il condominio.

Quando scatta il reato
Il reato di appropriazione indebita (articolo 646 del Codice penale) si avvera quando l’amministratore , oltre a omettere la restituzione, compie atti su tali beni da cui emerge la sua volontà di considerarli come propri. In pratica esercita un’indebita «signoria» sugli stessi e ignora la richiesta di restituzione operata dai condòmini.

La giurisprudenza ha precisato che l’amministratore ha la detenzione non per conto proprio delle somme sulle quali opera effettuando prelievi e pagamenti in favore del condominio. Pertanto la sua attività è un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza con la conseguente applicabilità nei rapporti tra l ’amministratore e i condomini delle norme sul mandato.

L’obbligo di restituzione sorge quindi a seguito della conclusione dell’attività gestoria. Il fatto che alla scadenza del mandato l’amministratore sia tenuto alla restituzione di ciò che ha in cassa si deduce anche dalla considerazione che egli potrebbe avere avuto anche l’incarico di recuperare somme dovute da condòmini morosi e riguardanti anche la precedente gestione.

La querela e i termini
Il reato è procedibile a seguito della presentazione della querela entro novanta giorni dal momento del passaggio delle consegne al nuovo amministratore e la Cassazione (sentenza 34196/2018) sostiene il reato si consuma all’atto dell cessazione dalla carica di amministratore.

La Cassazione
Ora la Corte di Cassazione (sentenza 1185/2020) afferma che l’accusa non deve provare dove siano stati allocati i fondi sottratti dall’amministratore condominiale.

Nel ricorso , dichiarato inammissibile, l’amministratore ricorrente sosteneva l’ingiustizia della condanna perché i giudici di merito non avevano dimostrato dove erano stati collocati i fondi sottratti. La Cassazione respinge tale assunto in quanto sostiene che la sentenza di condanna è stata adeguatamente motivata poiché dimostrava l’indebita appropriazione delle somme conferite dai condòmini e non utilizzate a favore del condominio.

La Corte di appello, tra l’altro, si basava anche sulla deposizione del nuovo amministratore che trovava riscontro nei documenti dal medesimo prodotti nel corso del dibattimento.

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