Condominio

Caldaia in facciata contestabile anche se autorizzata dall’assemblea

Il decoro architettonico può essere tutelato da ogni condomino anche se la delibera ratifica l’opera realizzata sulle parti comuni

di Giovanni Iaria

L'interesse del singolo condòmino a tutela della cosa comune non viene meno nel caso in cui l'assemblea provveda a ratificare o a convalidare la realizzazione sulla facciata condominiale di una caldaia e tale opera risulti lesiva del decoro architettonico dell'edificio.

Pertanto, in questi casi, i condòmini assenti all'assemblea condominiale o dissenzienti sono legittimati a impugnare la delibera. Così si espressa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 29924/2019, pubblicata il 18 novembre 2019.

Il colpo di mano
La vicenda giunta all'esame dei giudici di legittimità, nasce dall'installazione, da parte di un condòmino, di una caldaia e di motocondensanti sulla facciata condominiale, senza la preventiva richiesta di autorizzazione all'amministratore e/o all'assemblea, nonostante che nel regolamento contrattuale fosse inserita la clausola secondo la quale «il condomino, prima di apportare alle cose comuni le modificazioni di cui all'art. 1102 c.c., deve darne comunicazione scritta all'Amministratore o in sua assenza agli altri condomini attendendo il relativo benestare».

L'opera veniva successivamente ratificata dall'assemblea condominiale e la relativa delibera veniva impugnata da un condòmino per violazione dell'articolo 67 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile, del difetto di quorum e violazione dell'articolo 1102 del codice civile.

Il giudizio di merito
L'impugnazione veniva rigettata dal Tribunale e la sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello in sede di gravame, la quale riteneva che l'autorizzazione concessa dall'assemblea, anche se tardiva, rientrava comunque nell'ambito delle decisioni di opportunità o convenienza dei condomini non sindacabili dall'autorità giudiziaria.

La Cassazione
In sede di legittimità, la Corte di Cassazione, ha annullato la sentenza della Corte di Appello con rinvio ad altra Sezione della suddetta Corte, affermando il seguente principio di diritto: «Allorché una clausola del regolamento di condominio, di natura convenzionale, imponga il consenso preventivo dell'amministratore o dell'assemblea per qualsiasi opera compiuta dai singoli condomini che possa modificare le parti comuni dell'edificio, pur dovendosi riconoscere all'assemblea stessa, nell'esercizio dei suoi poteri di gestione, la facoltà di ratificare o convalidare ex post le attività che siano state compiute da alcuno dei partecipanti in difetto nella necessaria preventiva autorizzazione, resta salvo l'interesse processuale di ciascun condomino ad agire in giudizio per contestare il determinato uso fatto della cosa comune ed il potere dell'assemblea di consentirlo, ove esso risulti comunque l esivo del decoro architettonico del fabbricato, non dando ciò luogo ad un sindacato dell'autorità giudiziaria sulle valutazioni del merito o sulla discrezionalità di cui dispone l'assemblea».

Inoltre, secondo la Cassazione, in presenza di disposizioni del regolamento contrattuale che impongano il consenso preventivo dell'amministratore o dell'assemblea per qualsiasi opera compiuta dai singoli condòmini che possa modificare le parti comuni dell'edificio, come affermato dal consolidato orientamento della stessa Corte, è riconosciuta all'autonomia privata la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell'interesse comune ai diritti dei condòmini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà.

Nel regolamento contrattuale è possibile inserire una definizione più rigorosa del decoro architettonico rispetto a quella prevista dall'articolo 1120 del codice civile e supposta dall'articolo 1102 del suddetto Codice, che possa arrivare ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio o richiedendo «per le modifiche incidenti sulle facciate dell'edificio, il benestare scritto del progettista del fabbricato, o di altro tecnico da nominare, mediante predisposizione di una disciplina di fonte convenzionale, che pone nell'interesse comune una peculiare modalità di definizione dell'indice del decoro architettonico».

Pertanto, hanno concluso, i singoli condòmini non possono sottrarsi all'obbligo di carattere negoziale, derivante dalle disposizioni del regolamento che impongono di richiedere la preventiva autorizzazione degli organi amministrativi del condominio per eseguire qualsiasi lavoro sulle cose comuni o sulle parti esclusive.

PER APPROFONDIRE
I poteri d’intervento a tutela del decoro architettonico

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