Condominio

Alle Sezioni unite l’uso dei beni comuni riservati al singolo condomino

di Augusto Cirla

Non è stata ancora chiarita la natura del diritto d’uso esclusivo riservato a un condomino sulle parti comuni, di quel diritto cioè riconosciuto al momento della costituzione del condominio in favore di un’unità immobiliare di proprietà individuale che preclude ad altri di servirsi del bene comune e di trarne tutte le utilità che ne possono derivare.

Il quesito
Si tratta di un tema su cui la Cassazione si è già pronunciata, ma con decisioni divergenti. Tanto che ora, con o rdinanza interlocutoria 31420 del 2 dicembre scorso (si veda anche il Quotidiano del Sole 24 Ore- Condominio del 10 dicembre scorso ), la Suprema corte ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, perché si chiarisca se il diritto di uso esclusivo su parti comuni possa ricondursi al vincolo reale d’uso (articolo 1021 del Codice civile), come tale non trasferibile (articolo 1024 del Codice civile), o configurarsi piuttosto come particolare applicazione dell’uso su di esse (articoli 1102 e 1122 del Codice civile).

L’uso delle parti comuni spetta a tutti i condòmini con pari modalità, indipendentemente dal fatto che siano titolari di una quota maggiore o minore della comproprietà ragguagliata al valore del loro appartamento. Ognuno può servirsene anche in modo particolare, ma senza alterarne la destinazione e senza impedire agli altri condomini di farne uso.

L’uso più intenso
L’uso più intenso non deve però giungere al punto di attrarre la cosa comune, o una parte di essa, nell’orbita della disponibilità esclusiva del singolo condomino. Solo un accordo concluso da tutti i condomini può riservare infatti a un condomino l’uso esclusivo della cosa comune.

La lite
La controversia che ha portato alla rimessione della questione alle Sezioni unite è partita dalla domanda di ripristino avanzata da due condòmini nei confronti di altri due, che avevano realizzato su una porzione di cortile comune un manufatto. Ma i secondi sostenevano di vantare sulla porzione un diritto di uso esclusivo derivante sia dal titolo intercorso con il loro dante causa, sia dall’atto costitutivo del condominio a seguito della divisione dell’edificio tra gli originari comproprietari.

La domanda di ripristino era stata respinta in primo grado e in appello ed è così arrivata in Cassazione.

La Suprema corte ha già affermato (24301/2017) che il diritto esclusivo concesso a un condomino non riguarda la persona, ma l’unità immobiliare di sua proprietà, sulla quale si costituisce un diritto reale e non un semplice rapporto pertinenziale. L’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio, riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di singole unità immobiliari per garantirne il migliore godimento, non ha natura reale e non incide sull’appartenenza di tali porzioni alla collettività ma solo sul riparto delle facoltà di godimento fra i condomini. Si tratta, quindi, di un diritto non riconducibile al diritto reale d’uso. Esso, infatti, è tendenzialmente perpetuo ed è trasferibile ai successivi aventi causa dell’unità immobiliare cui accede.

L’uso esclusivo potrebbe allora configurarsi come diritto personale di godimento, conclude la Cassazione, ma ci si scontra con la regola della relatività degli effetti del contratto (articolo 1372 del Codice civile) e dunque con l’impossibilità di trasferire a terzi, se non con i mezzi offerti dalla legge, le obbligazioni contrattualmente assunte. Ora la parola passa alle Sezioni unite.

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