Condominio

Occupare parti comuni è lecito anche violando le distanze legali

di Paolo Risotti

Occupare un vano comune con opere edilizie in violazione delle distanze legali (articolo 905 del Codice civile) non è illegittimo se sono rispettati i limiti dell’articolo 1102 (cioè non alterarne la destinazione e non impedire agli altri condòmini di farne pari uso). Lo ha detto la Cassazione nell’ordinanza 31412/2019 , stabilendo un principio che – come si può facilmente intuire - potrebbe aprire la strada a qualche abuso edilizio e a conseguenti liti giudiziarie.

Ampliamento del terrazzo
La vicenda nasce in uno stabile dove un condomino, nel corso dei lavori di ristrutturazione del proprio appartamento, ha ampliato il suo terrazzo, demolendo l’ultimo tratto di un cassonetto, ove erano ubicate delle canne fumarie di altri alloggi.

Il proprietario dell’appartamento sottostante gli ha fatto quindi causa, sostenendo che le modifiche strutturali non erano state autorizzate dall’assemblea dei condòmini, avevano determinato «un’arbitraria estensione del diritto di veduta» e avevano modificato lo scarico dei fumi.

Dopo alterne vicende la Corte d’appello di Genova ha stabilito che la nuova costruzione alterava il decoro architettonico dell’edificio, ledeva i diritti di proprietà del condomino sottostante e violava le distanze legali, ordinando la demolizione del terrazzo e il ripristino del vano ove erano alloggiate le canne fumarie.

I limiti dell’articolo 1102
La Cassazione ha però annullato la sentenza della Corte d’Appello: qualora il proprietario di un appartamento sito in un edificio condominiale esegua opere sui propri beni, facendo uso anche di parti comuni, va chiarito se abbia osservato i limiti dettati dall’articolo 1102 del Codice civile. In caso affermativo l’opera edilizia deve ritenersi legittima, anche se viola le norme dettate per le distanze legali.

L’articolo 1102, per la Cassazione (che cita tra i precedenti anche la sentenza 5196/2017), prevale sulle norme in tema di distanze legali.

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