Condominio

L’assemblea che delibera di non andare in appello blocca l’impugnazione del singolo

di Rosario Dolce

Con l' Ordinanza numero 31976 del 6 dicembre 2019 , la Suprema Corte di Cassazione ritorna sul diritto dei condòmini di impugnare le sentenze sfavorevoli al Condominio, al posto dell'amministratore e afferma che se l'assemblea dei condòmini decide di non formulare alcuna azione averso il provvedimento giudiziale, in quanto tale, priverebbe gli altri condòmini di fare altrettanto, individualmente. E segnatamente: «ciò non si pone in contrasto con la costruzione dogmatica del condominio ripresa dai ricorrenti, richiamando costante interpretazione di legittimità, essendo necessario coordinare il diritto di autonoma impugnativa da parte del singolo condòmino (enunciato più volte in questa sede, si veda la Cassazione,sentenze 1011/010, 3900/010, 13639/010) con la univoca propensione alla stabilità delle delibere condominiali non impugnate nel termine perentorio di legge».

Le Sezioni Unite
Il provvedimento sembra, ma solo apparentemente, seguire il filone giurisprudenziale - culminato con il recente provvedimento della Cassazione a Sezioni Unite 18 aprile 2019, n. 10934 – secondo cui, essendo il Condominio un ente di gestione sfornito di personalità giuridica, permane il potere del condomino di agire a tutela dei suoi diritti di comproprietario “pro quota” e di resistere alle azioni da altri promosse anche allorquando gli altri condomini non intendano agire o resistere in giudizio: ma con un distinguo pregiudiziale, dettato dalla natura della controversia. Nella fattispecie, invece, si suscita un ulteriore casistica che è propriamente quella dell'intervento assembleare preclusivo.

L'amministratore
L'impugnazione, da parte del singolo partecipante, della sentenza di condanna emessa nei confronti dell'intero condominio, si assume fondata in ragione dell'assunto secondo cui il diritto di ogni partecipante al condominio ha per oggetto le cose comuni nella loro interezza. Per contro, non rileva la circostanza della mancata impugnazione da parte dell'amministratore.

Diritti comuni
Dello stesso segno è la giurisprudenza precedente, riconducibile alle Sezioni Unite 19663/14 , la quale aveva già precisato che nelle controversie aventi ad oggetto un “diritto comune”, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priverebbe i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, nè di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore (cfr, anche argomentando a contrario, Cassazione civile 29748/17; n. 1208 del 18/01/2017; n. 26557 del 09/11/2017, Rv. 646073; n. 22856/17; n. 4436/2017; n. 16562 del 06/08/2015; 10679/15).

Il fondamento giuridico
Quest'orientamento, salvi i poteri di rappresentanza dell'amministratore di cui all'art. 1131 Codice civile, trova il suo ancoraggio nella natura degli interessi in gioco nelle cause, a seconda se sia speculare, o meno, ai diritti dei singoli sulle parti comuni o sui propri beni facenti parte del condominio.

La ratio dei poteri processuali dei singoli condomini risiede, quindi, nel carattere necessariamente autonomo del potere del condomino di agire a tutela dei suoi diritti di comproprietario “pro quota”, e di resistere alle azioni da altri promosse anche allorquando gli altri condomini non intendano agire o resistere in giudizio (Cass. 8479/99).

Il diritto dell'amministratore si aggiunge non sostituisce
Si ritiene, infatti e non a caso, che è il diritto dell'amministratore che si aggiunge a quello dei naturali e diretti interessati ad agire per il fine indicato a tutela dei beni dei quali sono comproprietari, insidiati da azioni illegittime di altri condomini o di terzi (Cass. n. 11106 del 12/12/1996; 9629/91).

Nè potrebbe essere diversamente, poiché: a) si discute di diritti reali; b) sussistono molteplici realtà condominiali in cui non è imposta obbligatoriamente la nomina di un amministratore (art. 1129 c.c., comma 1); c) difetta una precisa scelta del legislatore che investa esplicitamente ed esclusivamente il condominio (e il suo amministratore) del potere di difendere le parti comuni (e i riflessi sulla proprietà dei singoli).

Distinguo tra diritti sostanziali e processuali
Nelle controversie avente ad oggetto un diritto comune, fatti salvi i poteri attribuiti all'amministratore dall'art. 1131 delCodice civile, occorre valutare la natura degli interessi oggetto della causa e, in particolare, di quelli dei singoli condòmini sulle parti comuni o su propri beni facenti parte del condominio.

Nel caso si controverta su questi interessi, non può essere impedito ai singoli di agire e/o intervenire a tutela di loro diritti, in quanto partecipanti al Condominio (si veda la Cassazione civile, sentenza 26557/2017).

Viceversa, se la controversia abbia a oggetto un diritto su di un bene o di un servizio comune e non già la loro mera gestione, essendo il contendere finalizzato a soddisfare esigenze dell'intera collettività condominiale e non già l'interesse esclusivo del singolo, questi resterebbe privo di legittimazione (in putno, cfr Corte Cassazione n.29748/2017).

La questione trattata nel provvedimento originava dalla richiesta di risarcimento del danno formulata da parte di un condòmino a fronte delle infiltrazioni subite all'interno del proprio immobile, che, in quanto tale, evidentemente, è stata ritenuta funzionale a soddisfare esigenze della intera collettività condominiale.

Quindi, al di là dell'invocato passaggio assembleare, la conclusione tratta dal provvedimento sembra innestarsi, in modo coerente, con le linee tracciate dalla giurisprudenza di legittimità.

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