Condominio

Lo stop all’attività di affittacamere decade per il nuovo acquirente dell’appartamento

di Matteo Rezzonico (Presidente Fna – Federamministratori)

Secondo un recente orientamento giurisprudenziale recepito anche dal Tribunale di Milano il divieto di affittacamere, contenuto nel regolamento condominiale contrattuale, non vale per i successivi acquirenti, a meno che le clausole contenenti i divieti, (che possono essere configurate come “servitù atipiche e reciproche”), non vengano richiamate specificatamente nell'atto di vendita stesso o trascritte con apposita nota a norma dell'articolo 17 della Legge 52/1985 e a norma degli articoli 2659, comma 1, numero 2, del Codice Civile e 2665 del Codice Civile .

L’orientamento della Cassazione
Lo ha confermato anche il Tribunale di Milano con la sentenza 8710 del 27 settembre 2019 , riportandosi ad un recente, (ma quantomai “rilevante”), orientamento della Cassazione che si va consolidando.

Bed & Breakfast
La controversia era nata dal fatto che un condomino esercitava nei locali di sua proprietà un'attività di bed and breakfast sovrapponibile all'attività vietata dal regolamento di concessione di “camere ammobiliate affittate a terzi”.

In tale contesto, il Tribunale milanese ricorda che secondo la Cassazione, tra le altre sentenza 6769/2018 (resa anche essa in materia di affittacamere), i limiti alla destinazione delle proprietà esclusive vanno «ricondotte alla categoria delle servitù atipiche» in quanto incidono non sull'estensione ma sull'esercizio del diritto di utilizzare il proprio immobile da parte di ciascun condomino.

Ne consegue – scrive il Giudice – che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti deve essere regolata secondo le norme proprie delle servitù e dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione in apposita nota distinta da quella dell'atto di trasferimento della proprietà, mentre non è sufficiente “il generico rinvio al regolamento condominiale”, trascritto come allegato al primo atto di frazionamento dell'edificio.

Clausole da riportare in tutti i rogiti sucessivi
Con la conseguenza che se le clausole limitative sono contenute nel regolamento predisposto dal costruttore venditore, originario unico proprietario dell'edificio, ma non sono riportate espressamente negli atti di trasferimento successivi o trascritte con apposita nota a parte, esse non sono opponibili ai successivi acquirenti (non essendovi certezza reale della conoscenza).

In altri termini - in mancanza della trascrizione con apposita nota, a norma dell'articolo 2659, comma 1, numero 2, del Codice Civile, per il quale «Chi domanda la trascrizione di un atto tra vivi deve presentare al Conservatore dei registri immobiliari, insieme con la copia del titolo, una nota in doppio originale, nella quale devono essere indicati:…il titolo di cui si chiede la trascrizione e la data del medesimo» e 2665 del Codice Civile - le disposizioni del regolamento che stabiliscono i limiti alla destinazione delle proprietà individuali valgono “soltanto nei confronti del terzo acquirente che ne prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto di acquisto”.

Il caso affrontato dal Tribunale milanese è tra l'altro peculiare, posto che nella specie, il regolamento era stato approvato da un'assemblea totalitaria (cui hanno partecipato i mille/millesimi) e, presumibilmente, mai trascritto, neanche come allegato di un atto soggetto a trascrizione.

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