Condominio

Non ci si appropria del posto auto altrui trasformandolo nel proprio box

di Valeria Sibilio

Affacciarsi dalla finestra e vedere il proprio posto auto trasformato in box-garage usato da altri. Una vicenda che la Cassazione ha trattato nell'ordinanza n° 30477 del 2019 e originata dal contenzioso nato tra due condòmini in relazione ad una tettoia di plastica installata dal primo sotto i balconi delle finestre del secondo, lungo tutti e due i lati dell'edificio con appropriazione del posto auto e costruzione di un box.

Le corti di merito danno ragione al danneggiato
Deducendo l'illegittimità della tettoia e dell'appropriazione del posto auto, il condòmino conveniva in giudizio la controparte – una coppia di coniugi – dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata che accoglieva la domanda, condannando i convenuti alla rimozione della tettoia e del box-garage realizzato secondo le previsioni della perizia.

La Corte di secondo grado respingeva l'appello principale proposto dai coniugi, mentre accoglieva quello incidentale, proposto dal condòmino avente ad oggetto la statuizione relativa alla comproprietà del posto auto in quanto contraria all'interpretazione contrattuale dell'atto di compravendita che prevedeva l'assegnazione in via esclusiva a quest'ultimo del posto auto unitamente all'immobile abitativo.

I successivi atti traslativi avevano previsto il trasferimento con tutte le pertinenze; un effetto che non riguardava anche il posto auto, non essendo riconosciuto oggetto di comproprietà come erroneamente assunto dalla perizia.

Il ricorso in Cassazione
I convenuti proponevano ricorso per Cassazione sulla base di cinque motivi ai quali resisteva il condòmino con controricorso.

Nel primo motivo, i ricorrenti censuravano la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto inammissibile, perché nuova, la tesi secondo la quale il diritto di veduta del condòmino non poteva essere violato dalla tettoia che era preesistente ad esso, precisando che tale preesistenza non costituiva una nuova eccezione. Un motivo apparso agli ermellini inammissibile. La Corte aveva ritenuto nuova la deduzione della preesistenza della tettoia, evidenziando come, in primo grado, l'odierna ricorrente non avesse eccepito alcunché in relazione alla data della sua realizzazione. Né la circostanza che la contestazione circa l'epoca di installazione sarebbe stata formulata dalla perizia della convenuta, peraltro in termini generici, poteva valere a rendere ammissibile l'eccezione, perché la relazione del consulente tecnico di parte, costituendo una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico è inidonea ad integrare l'onere del convenuto di contestazione dei fatti costitutivi allegati dall'attore.

Nel secondo motivo, i ricorrenti censuravano la condanna alla demolizione della tettoia pervenuta sulla scorta di una ritenuta lesione del decoro architettonico. Motivo anch'esso inammissibile. In merito al diritto a mantenere la tettoia a distanza illegale , la ricorrente non aveva specificato dove l'avesse ritualmente sollevata. Allo stesso modo del primo motivo sono inammissibili le censure che attaccano le valutazioni operate dalla corte territoriale sulla abusività della tettoia e sulla lesione del decoro architettonico espresse nell'ambito del suo discrezionale e motivato apprezzamento, incensurabile in Cassazione.

Nel terzo motivo, per i ricorrenti, la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto che il box auto costituisse una pertinenza del solo appartamento al piano rialzato, mentre lo stesso sarebbe stato attribuito all'assegnatario come “accessorio” indiviso degli immobili a lui assegnati e cioè sia dell'appartamento al piano rialzato che del piano cantinato. Con il quarto motivo si censurava l'illegittimità della conclusione assunta in relazione al posto auto ribadita dalla Corte.

Due motivi, esaminati dagli ermellini congiuntamente e giudicati inammissibili. È un dovere del ricorrente per cassazione, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione. Inammissibili, perciò, anche le altre censure di violazione e falsa applicazione di legge che attaccano le valutazioni operate dalla corte territoriale sul vincolo pertinenziale del box-auto e sul rapporto di accessorietà espresse nell'ambito del suo discrezionale e motivato apprezzamento.

Nel quinto ed ultimo motivo, per i ricorrenti, la corte territoriale aveva d'ufficio provveduto a riliquidare le spese del doppio grado del giudizio pur in difetto di domanda da parte dell'appellante incidentale. Motivo, come i precedenti, inammissibilesia con riguardo alla violazione dell'art. 360, comma 1, n.5 cod. proc. civ.,che alle disposizioni in tema di spese giudiziali.

La Cassazione ha, perciò, dichiarato inammissibile il ricorso, condannando i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite, a favore del controricorrente, liquidate in euro 4.200,00 di cui euro 200,00 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

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