Condominio

Lo spazio sopra il cortile è del proprietario ma non può aquisire il condizionatore che sporge

di Selene Pascasi

Il proprietario può opporsi all'altrui occupazione dello spazio aereo sovrastante il suo fondo ma non può acquisire, per questa ragione, alcun diritto di proprietà sui manufatti eventualmente realizzati da terzi e affaccianti sul proprio terreno.

Lo puntualizza la Corte di cassazione con ordinanza n. 28464 del 5 novembre 2019 (relatore Gorjan). È una S.r.l. a citare in causa un'altra società per denunciare l'illegittima collocazione di un impianto di condizionamento di una sala cinema, sul muro perimetrale aggettante sul cortile.

Violate le distanze
Fatti che, oltre ad aver leso i suoi diritti dominicali, avevano violato le norme sulle distanze dovendosi quell'impianto reputarsi una costruzione. Di qui, la richiesta risarcitoria. Accuse respinte dalla convenuta: l'impianto, marca, era collocato all'interno del muro del ballatoio pertinente al suo edificio.

La rimozione
Ricostruzione bocciata dal tribunale che, accolta la pretesa della S.r.l., ordina la rimozione dell'opera. La lite arriva in appello e le sorti del processo si ribaltano. Il macchinario, scrive la Corte territoriale, era incastonato nel muro perimetrale di porzione, pertinente all'edificio della S.r.l. e aggettante sul cortile altrui. E, non essendo stata proposta alcuna domanda tesa all'accertamento del diritto di proprietà su tale porzione, nodo ancora non chiarito, la pretesa non poteva accogliersi.

La sporgenza
Una decisione che induce la S.r.l. a sollecitare l'intervento della cassazione. A spiccare, tra gli otto motivi di ricorso, la discussa sporgenza sul suo cortile del muro perimetrale cui era incastonato l'impianto. Ma la circostanza, annota la cassazione, era stata già studiata e vagliata sulla base di un copioso carteggio. Non poteva, quindi, essere nuovamente esaminata.

L’onere della prova
La S.r.l. lamenta, poi, come l'onere di provare la proprietà del ballatoio aggettante non spettasse a lei ma alla società resistente che aveva proposto l'eccezione. Censura anch'essa bocciata: sul rilievo, giacché mai prospettato, il giudice non avrebbe potuto pronunciarsi. Infine, si contesta al collegio di appello di non aver adeguatamente considerato che la domanda fosse stata introdotta ed instaurata richiamando l'articolo 840 del Codice civile che consente al proprietario del suolo, che vanti un interesse concreto, di inibire a terzi ogni attività sulla colonna d'aria sovrastante il suo bene.

Lamentela infondata. È vero, chiarisce la Corte di cassazione, che la disposizione riconosce il diritto del proprietario di opporsi all'invasione del proprio spazio aereo ma è pur vero che la S.r.l. si era limitata a lamentare la posa in opera delle canalette dell'impianto propendenti sul suo cortile.

E poiché l'articolo 840 del Codice civile non prospetta alcun modo di acquisto della proprietà ma ha solamente lo scopo di difenderlo, la sentenza impugnata aveva correttamente negato la rimozione di un impianto non direttamente aggettante sul cortile.

Del resto, se il Codice civile regola unicamente il diritto del proprietario del suolo di opporsi all'attività altrui sul proprio spazio aereo è perché non esiste possibilità di acquisire, riscontrata tale ipotesi, il diritto di proprietà sull'opera eventualmente realizzata da terzi.

Ebbene, nella vicenda, non risultando il ballatoio incorporato nel sedime del suolo del cortile e non avendo la ricorrente allegato titoli attestanti l'asserita pertinenza al suo compendio immobiliare, i giudici di appello avevano giustamente ritenuto superfluo accertare l'eventuale tempestività della domanda sulla “signoria” sul manufatto.

Infine, circa la supposta violazione delle regole sulle distanze, la Corte di legittimità, ribadendone l'applicazione in rapporto al tempo di costruzione delle nuove opere, esclude, visti anche gli esiti della consulenza, che l'impianto potesse ritenersi tale, difettando le caratteristiche di stabilità, incorporazione nel terreno e consistenza tipiche delle costruzioni (Cassazione n. 5145/2019). Il ricorso era, dunque, ampiamente infondato.

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