Condominio

Per la proprietà del cavedio va esibito un titolo di acquisto

di Valeria Sibilio

Un cavedio è al centro del contenzioso trattato dalla Cassazione nell'ordinanza 28484 del 2019. Ricordiamo che con questo termine si intende un pozzo di ventilazione o un cortile interno di piccole dimensioni in grado di dare luce ed aerazione ai locali che lo circondano.

La lotta per il pozzo d’areazione
La controversia vedeva due condòmini intestarsi la proprietà di una zona individuata del lastrico solare ed una porzione dello stabile nel quale si trovava l'appartamento del primo che, per questa motivazione, citava in giudizio il secondo.

Il Tribunale dichiarava l'inammissibilità della domanda sul presupposto che il contenzioso sulla proprietà del cavedio si era formato il giudicato in un altro giudizio. Decisione confermata dalla Corte d'Appello alla quale si era rivolta, impugnando tale sentenza, il coniuge del primo attore.

In Cassazione
La coppia ricorreva in Cassazione sulla base di due motivi, il primo dei quali inerente la dichiarazione d'inammissibilità, da parte del Tribunale di Primo Grado, della domanda di rivendicazione del cavedio intentato dall'attrice, in altro giudizio, nei confronti del coniuge. Per la ricorrente, la sentenza d'appello non aveva tenuto conto che le sentenze che avevano dato luogo al giudicato erano state dichiarate nulle a seguito di ricorso da lei promosso.

La questione, a dispetto di quel che affermava la sentenza gravata, era stata sottoposta al Tribunale dal coniuge, il quale aveva depositato la sentenza emessa all'esito del giudizio di cui all'art. 404, cod. proc. civ. e, di conseguenza, non si era in presenza di una sentenza irrevocabile.

Nel secondo motivo, la ricorrente lamentava che, per ciò che riguardava la lettura dell'atto di compravendita del 2 agosto 1979 si sarebbe dovuto trarre l'inesattezza di quanto statuito dal giudice di prime cure prima e dalla Corte di Appello di Bari, evidenziandosi una superficiale analisi degli atti pubblici di compravendita, al fine di giungere alla conclusione che la parte di terrazza risultava essere stata esattamente individuata e che i giudici avevano ignorato le risultanze ispettive della perizia.

La Cassazione, considerata infondata la critica mossa alla sentenza di primo grado relativa alla prova della proprietà, dichiarava inammissibile il secondo motivo. La ricorrente proponeva un riesame di valutazioni insindacabili del giudice di merito,protestando la sua contrarietà alla sentenza impugnata, senza addebitarle alcuna violazione di legge. Inoltre, la Corte di Bari aveva escluso che il marito della ricorrente avesse dato prova del proprio titolo di acquisto del bene in questione.

La Suprema Corte ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando la ricorrente ed il coniuge al pagamento delle spese legali in favore del controricorrente, liquidate in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.

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