Condominio

Il termine per difendersi dagli attacchi alla proprietà decorre dal primo atto di «molestie»

di Edoardo Valentino

Il termine annuale per agire contro chi disturba il possessore di un bene decorre dalla prima molestia: lo chiarisce la Cassazione, decidendo sul caso di una proprietaria che agiva giudizialmente verso un condominio, lamentando come lo stabile la stesse molestando nel possesso di una particella di terreno di sua proprietà attigua allo stesso palazzo.
L'azione dalla ricorrente, quindi, era quindi quella di manutenzione ai sensi dell'articolo 1170 del Codice Civile, che prevede al primo comma che «Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili può, entro l'anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo».
Il Tribunale, all'esito del giudizio, respingeva la domanda della ricorrente, affermando come questa fosse inammissibile per essere già stata in passato giudicata con esito negativo.
A detta del giudice, infatti, la questione era già stata oggetto di un procedimento deciso in maniera negativa per la ricorrente, e in confronto al quale la situazione odierna non avrebbe presentato alcun elemento di novità.
In ragione dell'impossibilità di tenere un processo su una questione già giudicata definitivamente, quindi, il Tribunale rigettava la domanda.
In modo non dissimile decideva la Corte d'Appello, adita dalla ricorrente, la quale sottolineava come vi fosse già stata tra le parti analogo giudizio in passato, come questo giudizio fosse terminato con provvedimento negativo per la ricorrente e come questo provvedimento – non impugnato – avesse acquisito efficacia di giudicato.
La situazione di fatto, rilevava poi il Giudice del riesame, era sostanzialmente la stessa e gli atti di molestia del possesso imputati dalla ricorrente al condominio erano uguali.
Secondo la Corte d'Appello, quindi, vi erano sostanziale identità tipologica e di scopo tra il giudizio in oggetto e quello già deciso e, conseguentemente, la ricorrente doveva considerarsi decaduta dall'azione possessoria per il decorso del termine annuale previsto nella legge sopra menzionata.
Alla luce della duplice soccombenza in giudizio, la ricorrente agiva in sede di legittimità, depositando ricorso per la Cassazione della decisione d'Appello.
Con la sentenza numero 28272 del 4 novembre 2019, tuttavia, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione rigettava il ricorso citato.
A detta della Corte, difatti, il Giudice d'Appello aveva valutato correttamente la questione e applicato la disciplina in maniera corretta in quanto “la corte di merito ha perfettamente compreso che la ricorrente intendeva reagire a comportamenti successivi del condominio, ma ha riconosciuto che gli atti di molestia erano assimilabili a quelli oggetto del precedente giudizio e legati a questi da unità teleologica”.
In ragione di ciò, e cioè della assimilabilità della nuova molestia con quella iniziale, il termine annuale per la decadenza dall'azione doveva computarsi dal primo atto di disturbo, con la conseguenza di considerare la presenta azione invariabilmente tardiva.
Parimenti, nel giudizio di merito, sarebbe stata correttamente valutata l'assenza di prova del possesso della particella da parte della ricorrente, venendo a mancare anche il secondo presupposto per l'esperimento dell'azione di manutenzione (sussistenza del possesso sul bene e atti di molestia da parte del terzo).
Alla luce di tale valutazione la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, condannando parimenti la proprietaria alla refusione delle spese di lite al condominio convenuto.

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