Condominio

Decreto ingiuntivo contro l’amministratore che non esibisce i documenti

di Anna Nicola

L'amministratore deve sempre garantire l'accesso alla documentazione e l'estrazione di copia. Ciascun condomino ha il diritto ad accedere alla documentazione relativa al condominio e ad estrarne copia, a proprie spese.
Si tratta di un diritto codificato dall'art. 1130bis c.c. il cui testo tra le altre cose così dispone: <<I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese…>> relativamente alla documentazione contabile
Lo stesso dicasi per l'art. 1129 c.c. nella parte in cui prevede che <<…Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica … il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell'articolo 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata…>>
In passato la giurisprudenza affermava l'esistenza di questo diritto solo a ridosso dell'assemblea chiamata a deliberare sul bilancio del condominio. A seguito della riforma si ha l'espansione della relativa legittimazione “in ogni tempo”.
Il Tribunale di Taranto con la decisione del 4 febbraio 2019 ha affrontato il caso in cui l'amministratore non vi ottemperi, non permettendo la consultazione.
Nel caso di specie, un condomino aveva varie volte chiesto all'amministratore di poter avere copia di diversi documenti condominiali. Poiché il mandatario faceva orecchio da mercante, il primo adiva l'autorità giudiziaria depositando il ricorso per ingiunzione domandando la condanna dell'amministratore alla consegna della documentazione richiesta).
Il ricorso vedeva come soggetto passivo l'amministratore quale persona fisica e non nella veste di mandatario dell'edificio. Nonostante ciò, il Giudice emetteva il provvedimento monitorio.
L'amministratore presentava opposizione rilevando in sintesi che:
1.alcuni documenti erano già nelle mani del ricorrente;
2.altri erano per lo più inesistenti;
3.altri ancora non poteva costituire oggetto di consegna perché il ricorrente non aveva un interesse giuridicamente apprezzabile atto a permetterne la disponibilità.
Il tribunale ha emesso diverse statuizioni
La prima concerne l'individuazione dell'esatto contraddittore: secondo il Giudice, è tenuto a rispondere dell'obbligazione addotta l'amministratore personalmente e non il Condominio da egli amministrato.
<<Ancorché nell'atto di opposizione sia stato speso il nome del condominio, l'opposizione deve ritenersi proposta da … ed in tal senso milita l'assenza di qualsivoglia deliberazione del Condominio che abbia deciso l'assunzione della lite o anche solo ratificato l'agire dello stesso.
Tutta la vicenda processuale sembra così maturata all'insaputa del Condominio che, per altro, è estraneo al thema decidendi in quanto il custode della documentazione condominiale è per ogni effetto di legge l'amministratore e non il Condominio, onde solo l'amministratore era legittimato a contraddire alla domanda proposta da …>>
Il Tribunale oltre alle norme condominiali –di cui sopra- ha richiamato anche le disposizioni sul mandato osservando che <<Il contratto che lega l'amministratore al condominio è riconducibile al mandato di cui agli artt. 11703 e ss cc, come chiaramente dispone attualmente il comma 15 dell'art. 1129 cod. civ. Questi all'atto di cessazione dall'ufficio ha l'obbligo di consegnare tutta la documentazione nelle mani del condominio, o in assemblea o nelle mani di condòmini da questa delegati ad hoc.
Il fondamento di siffatto obbligo è rinvenibile innanzitutto nell'art. 1713 cod. civ. in forza del quale “Il mandatario deve rendere al mandante Il conto del suo operato e rimettergli tutto quanto ricevuto a causa del mandato”; in secondo luogo nel dovere generale del mandatario di curare l'esecuzione del mandato con la diligenza del buon padre di famiglia derivante dall'art. 1710 cod.civ., che la giurisprudenza correttamente estende non solo agli atti propriamente esecutivi del mandato, ma anche a quelli che siano preparatori, strumentali ed anche di necessario completamento finale, e tra questi rientra certamente la restituzione al mandante di ciò che non è stato possibile utilizzare per lo scopo ed il fine del mandato, come ad esempio le giacenze di cassa.
Ne consegue che, estintosi il mandato, l'amministratore - mandatario deve immediatamente rimettere tutto quanto detenuto a causa del mandato nelle mani del condominio, e non dell'amministratore subentrante, il quale a sua volta è legato al condominio da un nuovo ed autonomo rapporto giuridico riconducibile al contratto di mandato.
L'obbligazione restitutoria di quanto utilizzato per la esecuzione del mandato è inoltre finalizzata al giudizio di compiuto adempimento dell'incarico da parte dell'amministratore cessato.
Il condominio, ricevuta la documentazione dall'amministratore uscente, provvede eventualmente a consegnarla al nuovo amministratore nominato, in originale o, secondo principi di prudente e buona amministrazione, in copia, consegnando gli originali ad un condòmino delegato alle funzioni di segretario - depositario del condominio>>.
Il Tribunale ha effettuato brevi considerazioni in merito all'eventuale diritto di ritenzione, ove potrebbe dirsi esistente
<<Per completezza occorre rammentare che il predetto obbligo non è soggetto a limitazioni derivanti dal diritto di ritenzione di cui all'art. 2761 cc., essendo una precipua applicazione in diritto positivo del c.d. principio di autotutela del creditore e così costituendo un istituto eccezionale che, facendo deroga al principio generale secondo cui non è possibile farsi giustizia da se ma occorre rivolgersi all'Autorità Giudiziaria, non tollera applicazioni analogiche o estensive per effetto del divieto sancito dall'art. 14 delle preleggi.
Invero il comma 2 dell'art. 2761 c.c. recita: “I crediti derivanti dall'esecuzione del mandato hanno privilegio sulle cose del mandante che il mandatario detiene per l'esecuzione del mandato”.
Il IV comma dell'art. 2761 c.c. dichiara applicabile a tale privilegio le disposizioni del secondo e terzo comma dell'art. 2756 cc., e quest'ultima norma dispone: “Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno”.
Dal coordinamento delle predette disposizioni, in combinato disposto tra loro, si evince agevolmente che il diritto di ritenzione ha ad oggetto cose, ovverosia entità naturalistiche suscettibili di un valore commerciale e di essere alienate verso corrispettivo, riferendosi il legislatore astrattamente al quella particolare categoria di cose costituita dai “beni” che, ai sensi dell'art. 810 cc, possono formare oggetto di diritti.>>

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