Condominio

L’amministratore è un «promotore ambientale» e il Comune non può ignorarlo

di Giulio Benedetti

La green economy è finalizzata al riciclo delle materie prime utilizzate nel processo industriale, al loro recupero ambientale ed al risparmio energetico, per preservare l'ambiente ed impedire l'aumento della temperatura nel pianeta.
Ben può affermarsi che tale economia è una nuova rivoluzione industriale la quale è particolarmente attenta alle conseguenze della propria attività , in modo da creare un patto generazionale tra gli attuali fruitori del progresso tecnologico ed i loro figli ed i nipoti, per assicurarne la sostenibilità nel tempo e nello spazio di vita di tutti, dei presenti e dei prossimi.
È una nuova prospettiva verso cui indirizzare ingenti investimenti economici ed a cui non è estraneo il mondo condominiale. Infatti l'amministratore nel suo contratto con i condòmini assume nuove figure giuridiche , accanto a quelle tradizionali del mandatario qualificato dalla normativa sul condominio, del soggetto garante della sicurezza, di datore di lavoro, ai sensi del Dlgs 81/2008, pure quella di promotore ambientale per il risparmio energetico e del riciclo dei rifiuti , anche nei confronti dei pubblici poteri.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione (sentenza 37902/2019) che ha rigettato i ricorsi di due dirigenti comunali, della sanità e della manutenzione degli immobili , avverso la sentenza che li aveva condannati per il reato di omissione di atti di ufficio (art. 328 c.p.).
La vicenda è la seguente.
Accanto ad un condominio esisteva un immobile , un tempo adibito a granaio , di proprietà comunale, che aveva dismesso l'attività ed all'interno del quale insistevano rifiuti e liquami da cui originavano odori e la dispersione nell'area di sostanze inquinati. I condòmini e l'amministratore richiedevano ripetutamente ai due dirigenti comunali di attuare degli interventi di risanamento ambientale dell'immobile, da cui promanavano odori insopportabili, e che era causa di una grave situazione di degrado ambientale che comprometteva la loro qualità di vita ed il valore delle loro proprietà. I due funzionari comunali , alla sanità ed alla manutenzione, non intervenivano, operavano un'inutile derattizzaizone e negavano la loro competenza in materia.
Il Tribunale e la Corte di Appello li condannavano per il reato di omissione di atti di ufficio (art. 328 c.), perchè indebitamente rifiutavano gli atti dello loro ufficio in materia di sanità ed igiene e comunque non li compivano senza ritardo. I giudici affermavano la responsabilità dei due imputati per il mancato risanamento dell'area e la Corte di Cassazione ratificava tale assunto poiché, correttamente, l'imputazione riguardava il mancato intervento a fronte di una situazione di degrado igienico sanitario e di pericolo per la pubblica incolumità a cui avrebbe dovuto corrispondere la pronta e dovuta attivazione dei pubblici ufficiale preposti.
Pertanto la loro omissione è indebita e deve equipararsi, per la costante giurisprudenza , al rifiuto menzionato dal primo comma dell'art. 328 c.p. , che non richiede comunque una manifestazione di volontà solenne e formale
. Entrambi gli imputati erano tenuti ad operare un intervento atto a risanare l'immobile da cui provenivano miasmi e liquami , provenienti dal processo di decomposizione dei residui di granaglie , originati dalla precedente attività, ormai dismessa. Aggiungeva la Corte che non veniva in esame la specifica competenza degli imputati ad operare, non essendo loro richiesto di intervenire personalmente con gli impiegati dei loro dipartimenti ad operare fisicamente sui rifiuti giacenti nell'immobile degradato, ma era necessario che i ricorrenti , competenti alla sanità ed alla manutenzione , creassero le condizioni operative per l'attivazione dei soggetti chiamati ad intervenire per rimuovere un pericolo della salute pubblica .
La condotta dei ricorrenti non presupponeva un previo accordo, poiché era sufficiente l'intesa spontanea di entrambi ad ignorare il problema di loro competenza e la cui risoluzione era stata sollecitata dai condòmini e dall'amministratore. In definitiva la Corte di Cassazione critica la situazione di indebito rimpallo di competenze tra i responsabili dei due dipartimenti, quando in realtà la situazione , in relazione al pericolo ed ai loro compiti, necessitava un immediato intervento che entrambi i responsabili si erano indebitamente rifiutati di effettuare.
Giulio Benedetti

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