Condominio

Il doppio valore del rendiconto condominiale

di Rosario Dolce

Quello dell'amministratore di condominio è un ufficio di diritto privato, assimilabile a un incarico gestorio con rappresentanza assunto su mandato collettivo, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore mandatario e ciascuno dei condomini mandanti, oltre che delle disposizioni contenute in seno l'articolo 1129 e ss codice civile, delle disposizioni delle quali agli articoli. 1703 - 1730 codice civile.
Ora, tra le attribuzioni assegnate all'amministratore v'è quella di rendere il conto del suo operato e di restituire tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato.
In particolare, “l'obbligo di rendiconto è legittimamente adempiuto quando chi vi sia tenuto fornisca la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto delle somme incassate e dell'entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato a criteri di buona amministrazione” (cfr. Cassazione civile, 14 novembre 2012, n. 19991).
In ogni caso, in tema di mandato oneroso, l'obbligo di rendiconto gravante sul mandatario consiste nell'informare il mandante di “ciò che è accaduto” e, cioè, nella comunicazione di fatti storici che hanno prodotto entrate e uscite di denaro per effetto dell'attività svolta, al fine di ricostruire i rapporti di dare e avere, con la relativa documentazione di spesa.
Tale obbligo, tuttavia, non comprende anche quello di spiegare “ciò che sarebbe dovuto accadere”, essendo onere del mandante, una volta che l'informazione doverosa sia stata resa, non solo di specificare le partite che intende mettere in discussione, ma anche di dimostrare la fondatezza degli specifici motivi di critica della qualità dell'adempimento, con esclusione di generiche doglianze concernenti le modalità di presentazione del conto ovvero il disordine dei documenti giustificativi (cfr. Cassazione civile, 10 dicembre 2009, n. 25904).
L'essenza del rendimento del conto, sotto forma di “bilancio consuntivo condominiale”, risiederebbe, innanzitutto, nel rapporto tra il valore contenuto nell'estratto del conto corrente alla chiusura di ciascun esercizio e il valore dei crediti/debiti derivanti dai conguagli contabili.
Il rendiconto, funge, al contempo, da atto riepilogativo della situazione finanziaria del condominio e da elemento di un vero e proprio “negozio con funzione ricognitiva della situazione preesistente, cioè dell'esecuzione del mandato, e costitutiva di un'attuale obbligazione diretta a definire un regolamento d'interessi” collegato con il preesistente rapporto gestorio (Cassazione civile, 22 agosto 1985, n. 4480).
La deliberazione assembleare di approvazione assume, dunque, un duplice valore: da una parte, di rilievo “interno” con funzione ricognitiva e conformativa (quale presupposto delle ulteriori azioni volte all'incasso dei conseguenti oneri contributivi a carico dei singoli condomini) e non meramente negoziale (costitutivo, modificativo o estintivo, cioè, di rapporti giuridici), dall'altra parte, di rilievo “esterno” in ragione del rapporto di mandato con il proprio amministratore.
Sotto il primo profilo, pare legittimo potersi mutuare in ambito condominiale alcune previsioni normative dettate in materia societaria (ad esempio, ai sensi del primo comma del - nuovo - art. 2434-bis cod. civ.). Per cui, almeno le azioni di invalidazione non possono (più) essere proposte dagli “aventi diritto” nei confronti delle deliberazioni di approvazione di un determinato bilancio dopo che è intervenuta l'approvazione di quello dell'esercizio successivo.
In tal modo, si intende diminuire le impugnazioni di “mero disturbo” o quelle cosiddette strumentali: ove, infatti, il vizio dedotto si sia ripercosso anche sul bilancio successivamente approvato, è sufficiente l'impugnativa di quest'ultimo; mentre, ove il vizio non abbia prodotto conseguenze negative sul bilancio successivo, esso costituirebbe soltanto un fatto storico, privo di alcuna incidenza pregiudizievole sulla organizzazione della società (in ogni caso, cioè, si è ritenuto non vi sia più interesse ad agire contro un bilancio superato dall'approvazione del bilancio successivo).
Sotto il secondo profilo, l'approvazione del rendiconto si riferisce a tutto l'operato dello stesso per l'esercizio in questione, ovvero per il singolo periodo di prestazione in cui quell'operato possa frazionarsi, come previsto dall'incarico.
La relativa approvazione, in tal caso, comporta che il conseguente regolamento negoziale “acquisti valore ed effetto di esclusiva disciplina definitoria di tutti i rapporti derivanti dall'esecuzione del mandato” (cfr. Cassazione civile 27 aprile 1982, n. 2634), salvo il caso in cui, i condòmini in sede assembleare, abbiano formulato delle espresse riserve per quei diritti non attinenti alle partite contabili enucleate nel conto.
Ciò non toglie, tuttavia, che gli stessi dati rendicontati dall'amministratore, laddove approvati dal consesso dei condòmini, possano nuovamente essere messi in discussioni, in date circostanze, “in considerazione del suo contenuto negoziale, per eventuali vizi del consenso” (Tribunale di Roma, 26 aprile 2019]).
Il dovere di formare il conto in modo tale da consentire il riscontro della corrispondenza al vero delle singole poste e dell'entità delle stesse è stabilito a tutela degli interessi dei condòmini destinatari e, pertanto, può trovare deroga, vertendosi in materia di diritti disponibili, tanto in un accordo preventivo con gli aventi diritto al conto, che ne autorizzi la redazione incompleta, quanto in un successivo atto con il quale essi approvino l'operato dell'obbligato (fermo restando la possibilità d'impugnare questa approvazione, in considerazione del suo contenuto negoziale, per eventuali vizi del consenso; Cassazione civile 5 giugno 1985, n. 3356).
Sussiste, inoltre, anche uno “strumento correttivo speciale” del rendiconto approvato assemblearmente, che si ricava dal disposto dell'art. 266 codice procedura civile, a mente del quale: “La revisione del conto che la parte ha approvato può essere chiesta, anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di partite”.
L'approvazione del rendiconto, data anche in sede stragiudiziale, può dar luogo così alla comune impugnativa per vizio di volontà (errore, violenza, dolo), come a quella speciale preveduta negli artt. 327 c.p.c. del 1865 e 266 c.p.c. vigente, ma per quest'ultima non basta proporre domande distinte, relativamente agli eventuali errori, omissioni, falsità o duplicazioni, è necessario altresì addurre elementi di fatto nuovi, venuti in luogo dopo che fu chiusa la fase di presentazione e di discussione del rendiconto con approvazione del medesimo (Cassazione civile, sentenza n. 438 del 12 aprile 1946).
Infine, va detto che l'adempimento relativo alla riscrittura e correzione soltanto “formale” di rendiconti consuntivi pregressi e già approvati è riconducibile all'amministratore in carica (poiché quello cessato non avrebbe più titolo a farlo) nel corso dell'esercizio di gestione in cui gli errori contabili vengono scoperti.
D'altro canto, “il bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata” un'invalidità contabile pregressa “tiene conto delle ragioni di questa”, rettificando, in conseguenza, le posizioni di debito-credito dei condomini e includendo, quindi, le correzioni adeguatamente apportate in seno ai nuovi bilanci che l'assemblea condominiale deve ancora approvare (si tratta di un vero e proprio obbligo, allorquando, a causa di una violazione dei principi di chiarezza, di verità o di correttezza, “risultino in concreto pregiudicati gli interessi generali tutelati dalla norma”, tra l'altro con insorgenza di incertezze o erronee convinzioni circa la situazione economico-patrimoniale dell'ente (cfr. Cassazione, Sezioni Unite, 21 febbraio 2000, n. 27, e Cassazione civile, 22 gennaio 2003, n. 928).

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