Condominio

Come trascrivere le clausole del regolamento condominiale

di Rosario Dolce

Le clausole regolamentari che incidono sui diritti dei singoli condomini (come, ad esempio, quelle derogano al diritto di distaccarsi dall'impianto centralizzato del riscaldamento al fine di non partecipare alle spese di gestione ordinaria), per essere opponibili devono essere approvate da tutti i condomini in quanto hanno valore negoziale.
Le clausole suddette, che restringono i poteri e le facoltà sulle proprietà esclusive o comuni e che sono intese a creare vincoli anche per gli aventi causa delle parti originarie non sono considerate nulle per la violazione del numero chiuso delle obbligazioni reali.
Tali clausole non costituiscono obbligazioni propter rem (che si esauriscono nelle specie espressamente previste dalla legge) ma integrano servitù reciproche atipiche consistenti fra l'altro nell'assoggettare ad un criterio diverso da quello legale il riparto delle spese.
Ed il fatto che dette clausole costituiscano vincoli obbligatori non determina, come detto, la nullità delle stesse trattandosi, appunto, di servitù reciproche come affermato da condivisibile recente giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile 21024/16; 14898/13; 6769/18; 1064/11).
Dal rilievo che i limiti negoziali alla destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere ricompresi nell'ambito delle servitù, segue che, per poter utilmente opporre dette clausole ai nuovi titolari del bene immobile le stesse devono essere menzionate nel rispettivo titolo di proprietà.
In altre parole, non è sufficiente la trascrizione del regolamento come atto unitario ab origine, ma è necessario che, nella nota di trascrizione (di cui al rogito del nuovo condòmino), sia fatta specifica menzione della servitù.
La trascrizione, richiesta dall'art. 2643 n. 4 codice civile, in particolare, non adempie ad una funzione costitutiva, ma serve a rendere opponibile il diritto ai terzi, i quali abbiano acquistato un diritto reale incompatibile con la servitù medesima. E, quindi, perché la trascrizione possa rispondere al suo scopo di dare conoscenza ai terzi dell'avvenuta costituzione della servitù, è necessario che la conoscenza possa essere acquisita attraverso il semplice esame dei registri immobiliari.
E' stato anche detto che la trascrizione di un atto di trasferimento della proprietà senza che sia fatta in esso menzione delle servitù contestualmente costituite a favore dell'immobile trasferito non conferisce a questa alcuna pubblicità e non la rende opponibile ai terzi successivi acquirenti del fondo servente, tranne nel caso in cui la servitù sia stata portata a loro conoscenza nei rispettivi atti di trasferimento (Cassazione civile 5626/85; 5158/03).
Si precisa, altresì, che affinché la pubblicità operi è necessario che il negozio fatto valere sia stato autonomamente trascritto (se l'atto ne contenga più di uno) con la specifica indicazione del fondo servente e di quello dominante, perché altrimenti dai registri i terzi interessati non sono in condizione di verificarne l'esistenza (Cassazione civile 17491/14).
L'articolo 17 della Legge n. 52 del 1985 prevede, infatti, che “Ciascuna nota (di trascrizione) non può riguardare più di un negozio giuridico o convenzione oggetto dell'atto di cui si chiede la trascrizione, l'iscrizione o l'annotazione”. In effetti, a norma del successivo articolo 18, il conservatore “non può ricevere le note di trascrizione non conformi alle disposizioni del precedente articolo”.
Mette infine conto evidenziare che il difetto di trascrizione di un atto, quale fatto impeditivo dell'opponibilità dello stesso, integra un'eccezione in senso lato non subordinata alla specifica allegazione di parte, che può, pertanto, essere rilevata anche d'ufficio (Cassazione civile 6769/18).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©