Condominio

L’impiegato pubblico amministra condomìni solo se autorizzato

di Paolo Accoti

Il dipendente pubblico non può svolgere l’attività di amministratore di condominio senza l’autorizzazione del datore di lavoro. Neppure se si tratta di un’attività occasionale o saltuaria. Unica eccezione: chi lavora part time.

In caso di svolgimento di tale attività da parte del lavoratore senza la preventiva autorizzazione della Pubblica amministrazione da cui dipende, è tenuto a versare alla stessa i compensi percepiti per l’attività. Questi i principi dettati dal Tar Lazio, Sede di Roma, con la sentenza n. 10599, pubblicata il 26 Agosto 2019.

La vicenda prende le mosse da un dipendente ministeriale, che si dedicava anche all’attività di amministratore di condominio, veniva raggiunto da alcune “note” della Guardia di Finanza con le quali gli veniva intimato il versamento – in favore dell’Amministrazione di appartenenza – delle somme percepite a titolo di compenso per lo svolgimento dell’attività di amministratore, dato che era stata svolta senza la necessaria preventiva autorizzazione dell’Amministrazione nella qual era in organico.

Il dipendente-amministratore impugnava le “note” al Tar Lazio, chiedendo l’accertamento del proprio diritto ad ottenere la restituzione o, comunque, di trattenere le somme richieste.

A sostegno delle sue ragioni il dipendente pubblico/amministratore di condominio evidenziava l’occasionalità e la saltuarietà dell’attività di amministratore, comprovata dalle circostanze per cui «l’attività d’ufficio non ne avrebbe mai risentito e che i compensi percepiti sarebbero di ammontare non significativo e riferibili al mero ristoro delle spese sostenute».

Il Tar ha respinto il ricorso evidenziando che «La necessità di autorizzazione nella fattispecie in esame è imposta dalle seguenti disposizioni: - art. 60 d.p.r. n. 3/57 secondo cui “l’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”; - artt. 58 d. lgs. n. 29/93, come modificato dall’art. 26 d. lgs. n. 80/98, e 53 d. lgs. n. 165/01 i quali richiedono l’autorizzazione dell’ente di appartenenza per lo svolgimento di attività non comprese nei compiti e doveri d’ufficio; - art. 1 comma 60 l. n. 662/96 il quale prevede che, al di fuori dei rapporti di lavoro a tempo parziale, “al personale è fatto divieto di svolgere qualsiasi altra attività di lavoro subordinato o autonomo tranne che la legge o altra fonte normativa ne prevedano l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza e l’autorizzazione sia stata concessa”».

Anche la saltuarietà, osserva il Tar «non assume rilevanza ai fini dell’accoglimento del gravame in quanto concerne, al più, il profilo della possibile autorizzabilità dell’attività stessa, in relazione a quanto previsto dagli artt. 60 d.p.r. n. 3/57 e 1 comma 60 l. n. 662/96, ma non influisce sulla necessità dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione di appartenenza».

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