Condominio

È reato danneggiare la telecamera che riprende gli spazi comuni

di Giulio Benedetti

Commette reato il condòmino che danneggia la telecamera di ripresa delle parti comuni.
In un epoca di diffuso timore dei furti commessi , specialmente d'estate , all'interno dei condomini è sempre di maggiore interesse il tema della sorveglianza elettronica delle parti comuni, di particolare efficacia preventiva .
Non deve trascurarsi che oggi le usuali tecniche investigative assai diffuse per individuare gli autori dei crimini non consistono soltanto nel tracciamento dei cellulari, mediante le celle telefoniche, per individuare il reo rispetto al luogo del reato, ma sopratutto nell'esame delle riprese delle telecamere a circuito chiuso.
La Corte di Cassazione (sentenza 34151/2017) aveva escluso che l'installazione di una telecamera che riprenda gli spazi condominiali integri la commissione del reato di interferenze nella vita privata (art. 615 bis c.p.). La Corte afferma che la norma è funzionale alla tutela della sfera privata della persona all'interno dell'abitazione , nei luoghi di privata dimora e nelle loro appartenenze . Sono luoghi che individuano una particolare relazione tra gli stessi e la persona che vi può svolgere , indisturbato, le attività più intime al riparo di occhi altrui. Tuttavia le scale di un condominio e i relativi pianerottoli non assolvono alla funzione di consentire tale esplicazione della vita privata , poiché sono destinate all'uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela dell'art. 615 bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese. Tuttavia un'evidente constatazione è che non tutti i condòmini amano essere ripresi nelle parti comuni , anche per i fini preventivi dai delitti, e intendono condurre una vita riservata e per questo si oppongono all'installazione delle telecamere.
La procedura corretta , per l'art. 1117 c.c., è che l'installazione , poiché interessa le parti comuni, deve essere approvata dall'assemblea condominiale la quale deve approvarne il costo di installazione e di esercizio e la relativa regolamentazione.
Anche l’opposizione all’installazione deve trovare ospitalità nell'ordine del giorno dell'assemblea condominiale, ma il condòmino non può farsi giustizia da solo , danneggiando gli impianti già installati. È questo il senso dell'ordinanza (n. 3785/2019) della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condòmino avverso la sentenza che lo aveva condannato per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 392 c.p.) poiché , con un bastone, aveva danneggiato la telecamera posta all'esterno di un esercizio commerciale, inserito in un condominio, e che riprendeva le parti comuni.
Il condòmino si difendeva affermando di non avere danneggiato la telecamera , ma di averne girato l'orientamento per tutelare la privacy propria e degli altri condòmini. La Corte di Cassazione non accoglieva tale difesa ed affermava che il fatto non poteva essere definito di particolare tenuità , ex art. 131 bis c.p., poiché tale richiesta era stata formulata soltanto nel giudizio di legittimità, mentre il ricorrente non l'aveva richiesta nei precedenti gradi di giudizio , e ben l'avrebbe potuto fare in quanto la norma era entrata in vigore il giorno della sentenza del Tribunale. In ogni caso concludeva la Corte che dalla condotta del ricorrente, comunque, non emergevano quegli elementi di natura sia soggettiva che oggettiva che potevano qualificare il fatto di particolare tenuità.

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