Condominio

Condomino nominato direttore dei lavori: il conflitto d’interessi non è automatico

di Matteo Rezzonico (presidente Fna)

Non si configura il conflitto di interessi per il semplice fatto che un condòmino venga nominato direttore dei lavori e responsabile della sicurezza per le opere straordinarie di rifacimento del tetto e delle facciate condominiali, con il concorso del suo stesso voto e dei condòmini che gli hanno conferito delega. D'altra parte, il conflitto di interessi per rendere invalida la delibera condominiale non può essere (soltanto) potenziale, ma deve presupporre un vero e proprio pregiudizio/danno a carico del condominio per finalità extracondominiali. Ne consegue che il condomino in conflitto di interessi (soltanto potenziale, ma non effettivo) non è obbligato (ma può) astenersi dall'esercitare il diritto di voto secondo i quorum stabiliti dall'articolo 1136 del Codice Civile. Gli stessi princìpi valgono – in disparte l'articolo 67, comma 5, delle Disposizioni di Attuazione al Codice Civile, di cui diremo - per le deleghe conferite alla collaboratrice dello studio dell'amministratore.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza del Tribunale di Milano, Tredicesima sezione civile, numero 4547 del 10 maggio 2019, G.U. Pisani. Nel caso esaminato dal Tribunale milanese, una società condòmina ha impugnato una delibera assembleare eccependo l'esistenza di un conflitto di interessi tra un condòmino, (di professione architetto), ed il condominio, posto che lo stesso era stato nominato direttore dei lavori per le opere di rifacimento del tetto e responsabile della sicurezza con il concorso del suo voto e di quello dei suoi deleganti. Secondo la società impugnante, tra l'altro, l'assemblea del 20 novembre 2017 presentava un'ulteriore fattispecie di conflitto di interessi, tra una collaboratrice dell'amministratore di condominio, (anch'essa presente in assemblea e portatrice di deleghe), che avrebbe votato in assemblea per nominare l'amministratore di condominio responsabile della sicurezza (intento non riuscito), ma soprattutto per approvare l'ammontare del compenso straordinario richiesto dall'amministratore per seguire l'esecuzione delle opere.
Il condominio contestava la domanda, evidenziando che per la sussistenza di un conflitto di interessi è necessario: che via sia un pregiudizio/danno per il condominio e sia provata la sussistenza di una finalità extracondominiale in capo al condòmino in conflitto.
Il Tribunale ha respinto la domanda riportandosi al recente orientamento giurisprudenziale secondo cui “in tema di condominio le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge (…) compresi i condòmini in potenziale conflitto di interesse con il condominio i quali possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio” (cfr. Cassazione 25 gennaio 2018, numero 1853).
Il conflitto di interessi sussiste dunque: 1) se risulti dimostrata una sicura divergenza tra l'interesse istituzionale del condominio e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti i quali non si siano astenuti ed abbiano perciò concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare; 2) sussista un potenziale pregiudizio/danno per il condominio, (dovendosi intendere per danno l'interesse extra condominiale o esigenze lesive dell'interesse condominiale all'utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni dell'edificio).
Nella specie, continua il Tribunale di Milano: a) non è stata fornita la prova della sussistenza di un conflitto di interessi nei termini di cui sopra; b) “non è stato allegato e provato da parte dell'attore che il voto espresso dal condomino” in potenziale conflitto “sia stato determinante per l'approvazione della delibera impugnata” (cosiddetta “prova di resistenza”); c) non risulta provata la circostanza dedotta dall'impugnante secondo cui i deleganti del condomino in potenziale conflitto di interessi non fossero a conoscenza del conflitto medesimo; d) non vi è prova del fatto che la mancata conoscenza del potenziale conflitto di interessi abbia inciso sul rapporto tra delegato e deleganti; e) nel procedimento di legittimità di impugnazione delle delibere assembleari, di cui all'articolo 1137 del Codice Civile, al Tribunale non sono consentite valutazioni di merito, in ordine alla scelta del direttore dei lavori e del responsabile della sicurezza, nonché circa l'emolumento dell'amministratore.
Il Tribunale - in assenza di una specifica eccezione in tal senso - non si è occupato compiutamente dell'ulteriore questione connessa alla delega conferita da taluni condòmini ad una collaboratrice di studio dell'amministratore. In proposito, ricordiamo che l'articolo 67, comma quinto, delle Disposizioni di Attuazione al Codice Civile vieta il conferimento di deleghe all'amministratore per la partecipazione a qualunque assemblea (a prescindere dalla sussistenza di un eventuale conflitto di interessi). Senonchè, secondo una interpretazione letterale del richiamato articolo 67, che persegue finalità di trasparenza, la collaboratrice dell'amministratore non è essa stessa amministratrice. Sul tema specifico si registra, tuttavia, la pronuncia del Tribunale di Pordenone, 1 marzo 2018, numero 180, che vale la pena di richiamare, secondo cui, a seguito della Legge 220/2012 di Riforma del condominio, che ha introdotto l'articolo 67, comma 5, delle Disposizioni di Attuazione al Codice Civile, la delega all'amministratore deve ritenersi in radice illegittima, indipendentemente dalla prova di un eventuale conflitto di interessi. In tale contesto, non è stato consentito il conferimento di deleghe ai soci illimitatamente responsabili (vice presidente e presidente del consiglio di amministrazione) di una società amministratrice del condominio.
Si legge nella sentenza del Tribunale di Pordenone 180 del 2018 “pur non ponendo in dubbio che la società è dotata di soggettività distinta e autonoma rispetto ai singoli soci…è innegabile che il conflitto di interessi che detta norma intende scongiurare (articolo 67, comma 5, Disp. Att. CC n.d.r.) non può ritenersi escluso dalla circostanza che le deleghe non sono state ricevute dalla società amministratrice del condominio bensì da soggetti che all'interno di quella società rivestono un ruolo di amministrazione attiva. Pertanto la distinzione soggettiva…società e suoi amministratori assume rilevanza meramente nominalistica”.a cura di Matteo Rezzonico - avvocato in Milano

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©