Condominio

È «infedele» l’amministratore poco trasparente nei conti

di Selene Pascasi

Tra amministratore e condomino vigono le regole del mandato. È per questo motivo che il gestore è tenuto ad eseguire l'incarico con la diligenza del buon padre di famiglia. Rientra, quindi, tra i suoi doveri quello di comunicare senza ritardo l'esecuzione dell'incarico così come – alla sua scadenza o revoca o all'accertamento dell'impossibilità di eseguirlo – dovrà render conto dell'operato e restituire tutto ciò che abbia ricevuto a causa del mandato. Ma l'obbligo di rendiconto si riterrà legittimamente adempiuto soltanto qualora provi, documenti alla mano, le somme incassate, l'entità causale degli esborsi e ogni dato utile ad individuare ed accertare le modalità di esecuzione dell'incarico. Ciò, per poter stabilire se il suo operato si sia adeguato o meno ai criteri di buona amministrazione.
Lo ricorda il tribunale di Roma con sentenza n. 9011 del 30 aprile 2019.
A chiamare in causa il condominio, per chiedergli il pagamento di circa 7 mila euro, è il suo ex amministratore. Secondo l'uomo, quelle somme gli erano dovute trattandosi di anticipazioni riferibili ad un'utenza condominiale. Credito che il condominio contesta: non c'era prova di quanto preteso. Anzi, era il cessato gestore a dover rispondere di molti atti infedeli o irregolari (corresponsione di danaro a terzi e a sé senza autorizzazione preventiva né ratifica successiva da parte dell'assemblea né valida causale) per cui andava condannato a risarcire i danni contrattuali per più di 182 mila euro.
Il tribunale boccia le richieste dell'ex amministratore e accoglie, seppur in parte, quelle riconvenzionali formulate dal condominio. L'uomo, spiega il giudice romano, aveva prodotto semplici fotocopie delle fatture di cui chiedeva il rimborso mentre il condominio aveva individuato diversi atti infedeli o almeno irregolari: esecuzione di pagamenti a terzi con denaro condominiale e prelievi non trascurabili e d'interesse privato effettuati senza autorizzazione preventiva né ratifica assembleare successiva né valida causale imputabile ad obblighi o utilità condominiali. Ed è principio fermo – cristallizzato dalle Sezioni Unite 9148/2008 – quello che definisce l'amministratore di condominio come un ufficio di diritto privato, assimilabile a un rapporto gestorio con rappresentanza assunto su incarico collettivo, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra lui e il singolo condomino, delle disposizioni sul mandato.
Tra queste, in particolare, di quelle che impongono al mandatario di eseguire l'incarico con la diligenza del buon padre di famiglia, comunicarne senza ritardo l'esecuzione e, alla scadenza del rapporto (o alla revoca o all'impossibilità di eseguirlo), di render conto del suo operato e restituire tutto ciò che abbia ricevuto a causa del mandato. Non solo. La Corte di cassazione, sul punto, è chiara: l'obbligo di rendiconto è legittimamente adempiuto quando chi vi sia tenuto fornisca la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto delle somme incassate e dell'entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi strumentali all'individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico. Il fine? Stabilire se il suo operato si sia, o meno, adeguato ai criteri di una buona amministrazione. Peraltro, in caso di mandato oneroso, l'obbligo di rendiconto – si legge nella sentenza – consiste nell'informare il mandante di “ciò che è accaduto” (ossia comunicare i fatti storici che hanno prodotto entrate e uscite per via dell'attività svolta così da ricostruire i rapporti di dare e avere allegando relativa documentazione) e non anche di relazione su “ciò che sarebbe dovuto accadere”.
Spetterà, difatti, al mandante specificare quali siano le partite che intende mettere in discussione o dimostrare la fondatezza delle critiche mosse sulla qualità dell'adempimento.
Praticamente, il condominio che lamenti un negligente o un infedele impiego del proprio denaro da parte dell'amministratore sarà onerato della prova (mediante contabilità, versamenti o uscite) che l'esercizio si sia chiuso, non già con debiti di gestione, ma con veri e propri avanzi di cassa puntualmente riportati nel bilancio successivo come partite in entrata o sin dall'inizio fraudolentemente occultati. Diversamente, l'ex amministratore sarà tenuto (come mandatario) a provare la corretta amministrazione e, quindi, l'effettivo e accorto impiego di tutte le somme riscosse per pagare le spese di volta in volta preventivate o imposte dall'urgenza.
Ebbene, nella vicenda, degli importi specificamente richiesti dal condominio con domanda riconvenzionale, potevano essere attribuiti al condominio già amministrato dal gestore esclusivamente quelli che figuravano nelle conclusioni della consulenza contabile e non tutti quelli reclamati. Si spiega in questi termini, il parziale accoglimento della pretesa riconvenzionale del condominio.

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