Condominio

L’eccezione del mancato godimento delle parti comuni

di Anna Nicola

All'interno del condominio solo il proprietario di unità immobiliare ha un rapporto diretto con l'amministratore dell'edificio. Il conduttore non viene in considerazione diretta: se questi non paga le spese condominiali, è comunque sempre il condomino il soggetto passivo della richiesta del mandatario dello stabile. In questo caso, il proprietario (locatore) se richiesto deve versare le spese al condominio procedendo poi al recupero della somma nei confronti del conduttore.
Sulla base della legge n. 392 del 1978 (cosiddetta dell'equo canone) l'amministratore ha diritto ai sensi del combinato disposto degli art. 1123 cod. civ. e 63 disp. att. C.c. di riscuotere i contributi e le spese per la manutenzione delle cose comuni ed i servizi nell' interesse comune direttamente dal solo proprietario (Cass. civ., Sez. 2, Sentenza n. 246 del 12/01/1994).
L' art. 1123 c.c., lì dove si riferisce al godimento potenziale, non è applicabile al caso di specie giacché la concessione in locazione di parte dell' immobile non incide sul godimento potenziale dello stesso, che riguarda l’oggettiva ed intrinseca destinazione del bene, nella misura in cui lo stesso, per natura, sia destinato a permettere ai singoli condomini di goderne, in maniera diversa, ma sul godimento effettivo, irrilevante ai fini della ripartizione delle spese, tra I' altro approvate con delibera non impugnata. (Trib. Roma 23 gennaio 2019)
«…un inadempimento colpevole del conduttore per omesso pagamento degli oneri accessori in tanto può configurarsi in quanto risulti insoluto un credito liquido ed esigibile, occorrendo pertanto avere riguardo alla disciplina pattizia e, in difetto di questa al regolamento di condominio ed alle delibere di approvazione del bilancio preventivo, onde accertare quali siano le modalità di esecuzione della prestazione, potendo prevedere tali atti una unica scadenza del termine per il pagamento, ovvero la ripartizione in un numero di rate di pari importo corrispondenti a scadenza periodiche (mensili, bimestrali, annuali ecc.), oppure potendo condizionare il pagamento al previo invio della richiesta da parte dell'amministratore con il conteggio del dovuto -variabile in relazione alla diversa entità dei consumi delle utenze condominiali- e del bollettino di pagamento» (Cass., 27 aprile 2017 n 10376).
Si è soliti leggere nelle decisioni della giurisprudenza che l'obbligo di contribuzione nelle spese «di ciascun condomino insorge al momento stesso in cui si rende necessario provvedere alla conservazione della cosa e, per conseguenza, si eseguono i lavori che giustificano le relative spese. Si afferma in giurisprudenza che l'obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di conservazione delle parti comuni deriva dalla concreta attuazione dell'attività di conservazione e non dalla preventiva approvazione della spesa (e della ripartizione della stessa), che ha carattere meramente autorizzativo dell'opera, talché tale obbligo in tanto sorge in quanto sia espressione di un atto di gestione concretamente compiuto (Cass. Sez. II, 17 maggio 1997, n. 4393; Cass. Sez. II, 17 luglio 1988, n. 4467)» (Cass. 18 aprile 2003 n. 6323).
I condomini, poi, sono tenuti a pagare le spese condominiali per il solo fatto di essere comproprietari dell'immobile, con la conseguenza che appare del tutto irrilevante l'impossibilità di fruire dello stesso per un certo periodo di tempo.
Nello specifico, secondo la Corte, «in tema di condominio non è possibile sottrarsi all'obbligazione di pagare i contributi invocando l'eccezione di inadempimento ovvero di mancato godimento del bene comune, essendo da escludere un rapporto di sinallagmaticità fra prestazioni con riferimento al pagamento dei contributi che trae origine da un obligatio propter rem derivante dalla comproprietà». (Cass. 19 febbraio 2016, n. 3354)

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