Condominio

Distanze, nullo l’appello notificato ai conviventi senza ricevuta 

di Valeria Sibilio

Tra le problematiche che possono sorgere nei rapporti di vicinato condominiale, quelle relative all'innalzamento di muri di confine, per delimitare due proprietà, si sviluppano soprattutto sul mancato rispetto delle distanze legali, coinvolgendo, per via delle tempistiche, anche gli eredi degli originari proprietari. Un caso legato a questa problematica è stato esaminato dalla Cassazione nell'ordinanza n° 19823 del 2019 , nella quale una coppia di condòmini ricorreva contro il proprio Condominio contro una sentenza della Corte d'Appello.
In origine, un'attrice conveniva in giudizio, dinanzi al tribunale di Ancona, il proprio Condominio, unitamente a diversi proprietari di singole unità abitative facenti parte dello stabile condominiale, esponendo che i convenuti avevano realizzato un muro di fabbrica in cemento armato lungo tutto il confine delle rispettive proprietà. Alla richiesta dell'attrice di arretrare la costruzione fino al rispetto delle distanze legali, il Condominio ed i singoli condòmini, costituendosi in giudizio, deducevano che la costruzione costituiva un muro di cinta, sottratto alla disciplina dell'art. 873 c.c., chiamando in causa a titolo di manleva l'impresa che aveva realizzato l'edificio ed aveva successivamente alienato le singole porzioni.
In corso di giudizio, l'attrice chiamava in causa tutti gli altri condomini, mentre gli acquirenti dell'immobile di parte attrice intervenivano volontariamente. Il Tribunale respingeva l'eccezione di estinzione, estromettendo dal giudizio l'attrice con sentenza definitiva, accogliendo la domanda ed ordinando l'arretramento del muro fino al rispetto della distanza legale.
Successivamente, la Corte d'Appello riformava la sentenza, disponendo la rimessione dell'intera causa in primo grado. Riassunto il giudizio dagli attuali ricorrenti, il Tribunale, dichiarava l'estinzione del giudizio per mancata integrazione del contradittorio verso i singoli condòmini e la tardività della riassunzione nei confronti dell'impresa, condannando gli attori al pagamento delle spese di tutti i precedenti gradi di causa. L'appello proposto dagli acquirenti dell'immobile di parte attrice veniva dichiarato inammissibile, avendo la Corte territoriale rilevato che gli appellanti non avevano riproposto le domande di merito formulate in primo grado e non avevano provveduto all'integrazione del contraddittorio nei confronti della precedente proprietaria, la quale, pur avendo ceduto il proprio immobile, non era stata estromessa dalla causa e doveva, quindi, partecipare al giudizio di appello.
La sentenza aveva rilevato che una prima notifica dell'impugnazione non si era perfezionata mentre non era stata provata l'effettuazione di una seconda notifica, eseguita ad un diverso indirizzo, avendo gli appellanti prodotto la sola raccomanda informativa attestante il compimento delle formalità ma non anche l'avviso di ricevimento della raccomandata contenente la copia dell'atto di appello con indicazione degli adempimenti svolti.
I due attori, acquirenti dell'immobile, proponevano ricorso per Cassazione basato su cinque motivi ai quali il Condominio e i sopra citati condòmini resistevano con controricorso. Nel primo motivo, i ricorrenti lamentavano che nella sentenza era stato trascurato il fatto che la notifica era stata effettuata con consegna a mano della raccomandata alla figlia convivente - vista l'assenza della destinataria - come risultava dall'attestazione dell'ufficiale giudiziario procedente e come era comprovato mediante il deposito della relata all'udienza dell'11 luglio 2011, conseguendone che l'ordine di rinnovazione adottato in pari data era illegittimo ed il contraddittorio doveva ritenersi regolarmente instaurato. Un motivo ritenuto dagli ermellini infondato in quanto il giudice di merito, ritenendo indispensabile la produzione dell'avviso di ricevimento della raccomandata, aveva assegnato un nuovo termine per integrare il contraddittorio con l'ordinanza del 7 novembre 2011. Non essendo stata effettuata la rinnovazione della notifica dell'impugnazione, quest'ultima è stata dichiarata inammissibile.
Il secondo motivo, per i ricorrenti, la Corte avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui era stata censurata la pronuncia di estinzione adottata dal tribunale, a causa della tardiva riassunzione del giudizio di primo grado, mentre nel terzo motivo lamentavano che la sentenza aveva dichiarato la carenza di legittimazione passiva di uno dei condòmini, per aver ceduto l'immobile di sua proprietà prima del giudizio, non considerando che l'azione era stata proposta nei confronti del condominio allorquando questi era ancora proprietario. Nel quarto motivo, invece, i ricorrenti lamentavano che la Corte distrettuale avrebbe dovuto rimettere la causa in primo grado in modo da consentire la chiamata degli effettivi legittimati. Nel quinto motivo, infine, i ricorrenti contestavano alla Corte di merito di aver ritenuto inammissibile l'appello per non esser state riproposte le domande di merito, non considerando che la causa doveva esser rimessa in primo grado. Questi ultimi quattro motivi sono stati esaminati dalla Suprema Corte congiuntamente ed assorbiti, poiché, per effetto del rigetto del primo motivo, è divenuta definitiva la pronuncia di inammissibilità dell'appello, rendendo superfluo scrutinare le altre doglianze, non potendosi comunque pervenire alla cassazione della sentenza.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, pari ad euro 200,00 per esborsi ed euro 2.900,00 a titolo di compenso in favore del Condominio e degli altri condòmini. Inoltre, gli ermellini hanno condannato i ricorrenti al pagamento delle medesime somme in favore degli eredi della originaria ricorrente in primo grado.

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