Condominio

Nessuna deroga per le maggioranze in assemblea

di Selene Pascasi

Niente deroga per le maggioranze richieste per approvare una delibera. Del resto, è la legge a stabilirle, in rapporto ai partecipanti e al valore dell'edificio, sia ai fini del quorum costitutivo sia che di quello deliberativo, compresi i condòmini in potenziale conflitto d'interesse con il condominio che possono – e non devono – astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità di ricorrere al giudice in caso di mancato raggiungimento delle maggioranze fissate.
Lo afferma il Tribunale di Piacenza con sentenza n. 221 dell'11 aprile 2019 . Ad agire, sono i proprietari di un alloggio e di un box che, citato il condominio, reclamano l'annullamento o la nullità di tutte le delibere adottate nel corso di un'assemblea generale ordinaria. A difettare, tra le altre irregolarità, alcune deleghe per la partecipazione, l'indebita convocazione di condòmini privi di titolo e l'errata applicazione dei millesimi necessari per approvare i bilanci.
Domanda accolta solo in relazione alla nullità della delibera di approvazione di un consuntivo: la decisione che modifichi i criteri di riparto, spiega il Tribunale, non è annullabile ma inefficace nei confronti del dissenziente per nullità deducibile senza limite temporale (Cassazione 2301/2001). Bocciate, invece, le altre censure.
Circa la partecipazione di non legittimati, il giudice piacentino ricorda – richiamando Cassazione 28763/2017 – come tale circostanza non si rifletta sulla validità della costituzione dell'assemblea e sulle decisioni prese, sempre che quella partecipazione non abbia influito su maggioranza e quorum prescritti o sullo svolgimento della discussione e sull'esito della votazione.
Nella vicenda, però, gli attori non avevano spiegato né dimostrato in che modo quei millesimi avessero inciso sulla deliberazione impugnata. Rilievo basilare considerato che – estendendosi alla materia condominiale l'articolo 2373, comma 1, del Codice civile – opera la regola della “prova di resistenza” che comporta la validità della delibera assembleare quando il quorum deliberativo risulti raggiunto anche senza il voto favorevole dei condomini titolari delle quote contestate. Valutazione pertinente anche per l'asserito conflitto di interesse contestato ad uno dei partecipanti, padre del socio della ditta cui l'assemblea aveva conferito un appalto.
Difatti «le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del quorum costitutivo sia di quello deliberativo» inclusi i condòmini in potenziale conflitto di interesse con il condominio che «possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria» (Cassazione 19131/2015).
Ebbene, nella fattispecie, non v'era conflitto d'interessi sia perché il destinatario del conferimento era una società di capitali e sia perché, in punto di validità delle delibere assembleari condominiali, esso sussiste soltanto se si accerti la divergenza «tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza, ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio» (Cassazione 1853/2018). Ipotesi rinvenibile, ad esempio, per delibere tese a soddisfare interessi extra condominiali o esigenze lesive dell'interesse dei condòmini all'uso, al godimento e alla gestione delle parti comuni dell'edificio. È un complesso ordine di ragioni, dunque, a motivare il pressoché integrale rigetto delle domande formulate.

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