Condominio

L’amministratore, anche se condòmino, non può votare con la delega di altri

di Paolo Accoti

È sempre annullabile la delibera assunta con il voto dell'amministratore-condomino delegato da altro condomino.
La legge di riforma (L. 220/2012) ha profondamente mutato la disciplina delle deleghe in condominio, stabilendo all'art. 67 disp. att. Cc, che ogni condomino può intervenire in assemblea anche a mezzo di rappresentante munito di delega scritta. Se i condòmini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condòmini e del valore proporzionale. Qualora un'unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell'articolo 1106 Cc.
Il menzionato articolo stabilisce poi, tra le altre cose, che all'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.
Vige, pertanto, un divieto assoluto di deleghe all'amministratore che non è altrimenti superabile, neppure da eventuali clausole contrarie contenute nel regolamento condominiale, quand'anche di origine contrattuale, in considerazione del fatto che l'art. 67 disp. att. Cc è espressamente ritenuto inderogabile dal successivo art. 72.
Conseguentemente, la deliberazione assunta con il voto dell'amministratore a ciò delegato da altro condomino, risulterà sempre affetta da un vizio formale e, in quanto tale, annullabile, senza necessità di dover dimostrare l'eventuale conflitto di interessi ed anche qualora l'amministratore risulti anch'esso condomino del medesimo condominio dallo stesso gestito.
La norma, infatti, tende ad evitare che l'amministratore, quale organo istituzionale chiamato - tra l'altro - a tenere la contabilità, ad eseguire le deliberazioni, ad erogare le spese ed a manutenere le parti comuni, possa trovarsi anche solo potenzialmente in una situazione di conflitto, votando nelle medesime assemblee che dovrebbero controllarlo ed alle quali dovrebbe rispondere del proprio operato.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, V Sez. civile, Giudice dott. Paolo D'Avino, nella sentenza n. 9889, pubblicata in data 13 Maggio 2019.
Alcuni condòmini hanno impugnato la delibera assembleare straordinaria tesa a scindere l'unico condominio in due condomini separati, con la costituzione di un supercondominio.
Gli attori eccepiscono - tra le altre cose - che la delibera è viziata da un punto di vista formale, in quanto l'amministratore dello stabile, anch'esso condomino, ha partecipato alla votazione su delega di un altro condomino, così incappando nel divieto posto dall'art. 67 disp. att. Cc.
Il Tribunale, esaminato l'art. 67 disp. att. Cc, e ricostruita l'effettiva portata della norma, osserva che «… per effetto della riforma adotta con la legge n. 220/2012, il conferimento di deleghe di voto in assemblea è stato vietato … non più soltanto in situazione di reale conflitto di interessi ma in ogni caso. Il divieto assoluto vale, pertanto, anche quando l'amministratore sia condomino dello stesso edificio da lui gestito, poiché non si comprenderebbe affatto per quale motivo il possesso accidentale anche di una tale qualità risulti idoneo a rimuovere in capo all'amministratore medesimo, le ragioni di incompatibilità …».
L'amministratore, infatti, continua il Tribunale capitolino, quale <<”organo” dell'”ente” non pienamente personificato, chiamato, per compito “istituzionale”, in particolare, a tenere la contabilità annuale; a eseguire i deliberati assembleari; a riscuotere i contributi ed erogare le spese per la manutenzione ordinaria delle cose comuni e l'erogazione dei servizi comuni, disciplinando l'uso delle une e degli altri, e, infine, a compiere gli atti conservativi delle parti comuni dell'edificio – si venga anche solo potenzialmente, a trovare – in quanto, invece, votante nelle stesse assemblee che lo controllano e alle quali deve rispondere del proprio operato – nella suddetta situazione di conflitto.>>.
Pertanto, conclude la Corte territoriale, la domanda deve essere accolta e la delibera annullata, con condanna del condominio a rimborsare agli attori le spese di giudizio.

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