Condominio

Dl crescita insostenibile sulla cessione dell’ecobonus

di Giuseppe Latour

«Questo decreto è nato per favorire la crescita, per consentire alle nostre aziende di volare più in alto, ma l’articolo 10 del testo che si trova in Parlamento va in una direzione completamente opposta. Non fa altro che crearci problemi».

Emanuele Orsini, presidente di FederlegnoArredo, ci tiene ad esprimere il sentimento dominante delle imprese che rappresenta, prima di affrontare le questioni tecniche del passaggio della legge di conversione del Dl 34/2019 che interviene sulle regole per la cessione degli ecobonus dai clienti ai fornitori ( si veda il Quotidiano del Sole 24 Ore - Condominio di ieri ): gli imprenditori sono «in allarme», perché il nuovo meccanismo rischia di drenargli risorse, costringendoli a perdere opportunità di lavoro preziose.

L’articolo 10 del provvedimento, nella versione corretta dalla Camera, prevede sia per l’ecobonus che per il sismabonus la possibilità, a beneficio del titolare della detrazione, di incassare uno sconto sul corrispettivo di ammontare pari a quello dello sconto fiscale. A sopportare l’onere di questo contributo sarà il fornitore che effettua l’intervento, che otterrà un credito di imposta da usare in compensazione nell’arco di cinque anni. In alternativa alla compensazione, potrà cedere il credito ai suoi fornitori, con un divieto esplicito di rivolgersi a istituti di credito o ad intermediari finanziari.

Presidente, quest’ultima è la correzione che avrebbe dovuto risolvere i dubbi che avete già avanzato nelle scorse settimane...

Non l’ha fatto. Oggi non esiste una Pmi che possa fare quello che dice il decreto crescita. Il problema è che il fornitore, di solito, è ancora più piccolo e fa ancora più fatica della piccola impresa. Con questo meccanismo si favoriscono altri soggetti.

Quali?

Le grandi multiutilities che hanno la possibilità di portare in pancia molte detrazioni. Per le piccole e medie imprese questo non sarà un volano di crescita.

Che effetto teme?

Vedo due effetti possibili. Il primo è che le nostre imprese siano costrette a diventare subfornitrici di soggetti più grandi. Soggetti che hanno la possibilità di sopportare molte detrazioni.

Il secondo? 

È che si perdano lavori. Facciamo l’esempio degli interventi più costosi, come la realizzazione di tetti o di pergole. Considerando quanto vale il possibile contributo a carico del fornitore in questi casi, mi chiedo quanti interventi le Pmi saranno in grado di sostenere nel corso di un anno. È tutta finanza che viene sottratta alla loro disponibilità.

Quindi, qualcuno si rifiuterà di lavorare a queste condizioni?

Esatto, perché c’è il rischio di impoverirsi finanziariamente. In un momento del genere, un decreto che promuove la crescita dovrebbe portare più fatturato alle imprese, non creare problemi.

Come si risolve questo problema?

Vedo solo due strade possibili. O si cancella per intero l’articolo 10 o si introduce la possibilità di effettuare la cessione alle banche, con un meccanismo “pro soluto”.

In questo modo, le imprese incasserebbero subito il denaro, ma ci sarebbe l’effetto di creare altro debito pubblico...

Penso che non si possano tenere le banche fuori da una partita del genere, facendo fare alle imprese la parte delle banche. Noi siamo disposti a svolgere il nostro ruolo, facendoci carico del costo bancario della cessione, ma non possiamo pagare da soli gli oneri di un’operazione così complessa. Siamo i primi a voler favorire i consumatori in questo tipo di investimenti, ma il mestiere di prestare soldi appartiene alle banche, non a noi.

I tempi per ottenere modifiche, però, a questo punto sono strettissimi...

È vero. Ma, al di là delle questioni tecniche, questa norma va assolutamente corretta.

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