Condominio

Regolamento condominiale, vietate le interpretazioni «estensive»

di Matteo Rezzonico (vice presidente Confappi)

Le attività vietate dal regolamento condominiale contrattuale devono essere specificamente e singolarmente individuate e non si può considerare vietata una determinata attività procedendo secondo interpretazioni “estensive”.
Il principio – già noto alla giurisprudenza - viene ribadito dalla sentenza numero 3462 del Tribunale di Milano, Tredicesima sezione civile, pubblicata il 4 aprile scorso che risolve un caso che vede contrapporsi al condominio, un condòmino che intende avviare un'attività di vendita al dettaglio (nella specie un piccolo supermercato, in uno stabile nel centro di Milano). Il “casus belli” è costituito da una delibera assembleare in cui si nega la facoltà di locare l'immobile all'esercizio commerciale.
In ogni caso, i Giudici per risolvere il contenzioso partono dalla pronuncia della Cassazione, 26468/2007, secondo cui i poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condòmini “soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condòmini”. Sulla scorta di questo principio la pronuncia annulla l'assemblea – che aveva negato il consenso – ritenendo che il regolamento vigente non contenga alcun divieto di aprire un esercizio commerciale.
Va da sé che deve essere rispetto l'obbligo previsto dal regolamento di “astenersi da qualsiasi godimento che possa recare danno o pericolo a cose o a persone, che sia motivo di rilievi per effetto di esalazioni o rumori o esibizioni immorali, che turbi la tranquillità dei condòmini e che comunque sia in contrasto con l'igiene e il decoro della casa, la quale si deve destinare ad uso abitazione civile ed a studi di uffici commerciali e professionali”. Si legge, al contrario, nel regolamento, “sono tassativamente escluse le destinazioni ad uso pubblico (con l'ammissione solo di quelli relativi a credito, banche e assicurazione), alberghi, trattorie, osterie, bar, pensioni, camere d'affitto, laboratori, magazzini di merce, scuole specie di canto e musica, asili, ricoveri in genere, sale da ballo e da gioco, luoghi di ritrovo, istituti per esercizi fisici, gabinetti di cura ed ambulatori per malattie contagiose ed infettive”.
Ed ancora, non sono ammesse concessioni pubblicitarie specie luminose a terzi ma “sono permesse l'installazione d'insegne anche luminose o targhe in proprio contenute in un'inquadratura decorosa o comunque armonizzante colle facciate”.
Poichè dal testo del regolamento vigente non risulta alcuna limitazione nel senso deliberato dall'assemblea, la delibera deve essere annullata, non sussistendo alcun espresso limite alla locazione degli immobili ad un soggetto che eserciti un'attività commerciale con contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori.

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