Condominio

Per impugnare la delibera condominiale ci vuole l’«interesse»

di Eugenia Parisi

Due recenti sentenze del Tribunale di Milano si sono occupate di quando sia o meno legittimo proporre impugnazione di una delibera condominiale.
Nel primo caso, sentenza 4863/2019 (Giudice Arianna Chiarentin), un condomino aveva chiesto l'annullamento di una decisione che, a suo dire, gli negava in modo assoluto la concessione della copertura dell'edificio per l'installazione di apparecchiature energetiche a suo uso esclusivo, poiché durante l'assemblea era stata disposta la valutazione per un accordo che però non era stato effettivamente deliberato per contrarietà dei presenti, lasciando in tal modo la richiesta avanzata in una sorta di limbo.
Il Giudice, richiamando il dettato dell'art. 100 c.p.c. per cui «per proporre una domanda e per contraddire alla stessa, è necessario avervi interesse», ha respinto la domanda ravvisandone l'assenza in quanto tale interesse – che si concretizza nell'esigenza di colui che propone la domanda di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile e non altrimenti conseguibile se non con l'intervento giudiziale – costituisce una necessaria e imprescindibile condizione dell'azione stessa; esso, inoltre, deve essere concreto e attuale e, alla sua carenza, deve necessariamente conseguire una pronuncia d'inammissibilità.
Peraltro, con esplicito riferimento all'impugnativa dei deliberati assembleari, è necessaria l'esistenza di circostanze che dimostrino l'esistenza di un pregiudizio concreto ed attuale rispetto alla temuta lesione del diritto del condomino, derivante dalla delibera stessa; sul punto, del resto, anche la giurisprudenza è costante (su tutte Cassazione Civile, sez. VI, n. 11214/2013).
Nel caso in commento, l'impugnativa era consistita nella mancata prestazione del consenso, da parte dell'assemblea, alla richiesta di autorizzazione per l'installazione di pannelli solari sulla comune copertura con conseguenza che anche un'eventuale pronuncia di annullamento/nullità non avrebbe prodotto alcun effetto per l'attore; infatti, anche se accolta, la domanda avrebbe avuto solo l'efficacia di rimuovere la mancata concessione, ma non anche di autorizzare l'installazione dei pannelli solari, dal momento che il giudice, investito dell'impugnativa ex art. 1137 c.c., non può certo integrare o sostituire la delibera stessa, per di più, come nel caso di specie, in assenza di domanda diretta sull'accertamento della liceità della realizzazione dell'opera, in relazione alla legge ed al regolamento condominiale.
Infine, volendo anche ritenere che l'assemblea avesse semplicemente rimandato la decisione in attesa dei concreti progetti dell'attore, si sarebbe comunque stati al cospetto di una determinazione dal contenuto non decisionale e meramente programmatico e quindi insuscettibile di essere lesiva degli interessi attorei, con conseguente inutilità dell'eventuale accoglimento della domanda stessa.
L'altra pronuncia milanese che si è occupata del tema è la n. 1515/2019 - già pubblicata sul QdC del 24 aprile scorso ( si veda il Quotidiano del Sole 24 Ore - Condominio del 24 aprile scorso ) – in cui si è discusso sulla possibilità o meno, da parte di un condomino, di adibire le proprie unità immobiliare fronte strada all'attività di ristorazione; le domande proposte, però, erano state qui sostanzialmente tre: l'invalidità della delibera, l'accertamento del diritto di adibire le unità immobiliari all'esercizio di attività di ristorazione o simili e la conseguente richiesta d'inopponibilità all'attore dei divieti contenuti nel regolamento da parte del condominio.
Sulla prima richiesta è stata ravvisata la carenza dell'interesse ad agire perché, come nella precedente pronuncia richiamata, anche in questo caso l'assemblea si era limitata a formulare delle osservazioni circa la compatibilità dell'attività di ristorazione con il regolamento condominiale: in particolare tale circostanza non configurava la presenza di una deliberazione a contenuto dispositivo su fatti, circostanze o proposte sottoposte al consesso assembleare così rendendo del tutto inutile, analogamente al precedente caso, un'eventuale pronuncia di illiceità della delibera che, in ogni caso, non avrebbe comunque prodotto effetti sugli intendimenti dell'attore.
Infine, proprio in virtù del fatto che il Tribunale ha poi accolto la seconda domanda accertando e dichiarando il pieno diritto dell'attore di poter adibire le sue unità immobiliari ad attività di ristorazione (sui motivi cfr. ampio commento sul QdC del 24 aprile 2019), ha dovuto ritenere conseguentemente priva d'interesse - sulla base della giurisprudenza prevalente Cass. n. 10062/98, Cass. n. 13293/1999, Cass. n. 5635/2002, Cass. S.U. n. 27187/2006, Cass. n. 24434/2007 - anche la terza richiesta sull'inopponibilità delle clausole regolamentari da parte del condominio nei confronti dell'attore.

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