Condominio

Liti e furti, la Cassazione fa l’arbitro in condominio

di Giulio Benedetti

Spesso nei condomìni la convivenza è assai faticosa poiché, accanto ai problemi economici generati dalla gestione economica dell’immobile, si accompagnano dissidi di natura personale tra i vicini. E queste condotte possono trascendere e integrare reati veri e propri, sui quali in questo periodo la Cassazione si è espressa più volte.

Stalking

A cominciare dal grave reato di atti persecutori, più noto come stalking (articolo 612 bis del Codice penale), che si realizza quando l’agente , con condotte reiterate o con minacce molesta qualcuno in modo da cagionare un perdurante o un grave stato di ansia o di paura, o da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto, o per costringere la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita. Cioè, in sostanza, togliere alla persona offesa il bene della tranquillità, in modo da creare una situazione che le renda intollerabile la vita. In tale contesto si comprende la severità della Corte di Cassazione ( sentenza 21750/2019 ) che ha dichiarato inammissibile il ricorso di due soggetti avvero una sentenza che li aveva condannati per il reato di cui agli articoli 612 bis e 659 del Codice penale. La Cassazione ratificava l’operato del giudice di appello, che aveva collegato le risultanze della polizia giudiziaria all’interno del condominio con le deposizioni testimoniali che confermavano quanto affermato dalla persona offesa.

Violenza privata

Altre due sentenze, depositate il 29 maggio scorso dalla Cassazione, testimoniano le difficioltà di convivenza che sfociano non solo nell’intolleranza ma anche in ipotesi di reato diverse dallo stalking. La Corte ( sentenza 23888/2019 ) ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di condanna di un condòmino che, avendo in odio gli altri condòmini, pronunciava frasi gravemente minacciose nei loro confronti, danneggiava il portone di ingresso dello stabile e impediva al suo vicino di uscire dall’edificio. La Corte riteneva procedibile di ufficio il reato di danneggiamento del portone (esposto alla pubblica fede), per cui non serviva una querela da parte dell’amministratore. Veniva accertato che le minacce erano accompagnate da gesti di violenza e ripetute nel tempo, ingenerando uno stato di terrore poiché originava nei condòmini il fondato timore che le minacce sarebbero, in breve, passate a forme di aggressione più marcate e devastanti.

Furto di elettricità

La voglia di farsi giustizia da soli può avere anche trasformarsi in furto, come è accaduto a un condomino che si è collegato abusivamente all’impianto elettrico condominiale, rubando energia. La cosa singolare è che la ha passata liscia perché (sentenza 23800/2019 ) la Cassazione ha annullato, per mancanza di querela, la sentenza di condanna. La Corte, infatti constatava l’assenza, all’interno del fascicolo processuale, della querela presentata dall’amministratore e dichiarava improcedibile il delitto di furto semplice di energia elettrica commesso in danno del condomino. Infatti il condomino non è dotato di personalità giuridica ma è solo uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condòmini, e l’aggressione, penalmente rilevante, ai suoi interessi economici presuppone la presentazione di una querela da parte dell’amministratore, debitamente autorizzato dall’assemblea.

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