Condominio

Nessun limite alla realizzazione di un ascensore privato in condominio

di Rosario Dolce

Negli edifici condominiali l'utilizzazione delle parti comuni per la realizzazione di un impianto posto a servizio esclusivo di un appartamento esige non solo il rispetto delle regole dettate dall'articolo 1102 codice civile - comportante il divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso (secondo il loro diritto) - ma anche l'osservanza delle norme stabilite dal codice civile in tema di distanze, onde evitare la violazione del diritto degli altri condòmini sulle porzioni immobiliari di loro esclusiva proprietà.
Tale disciplina, tuttavia, non opera nell'ipotesi d'installazione nel fabbricato di un impianto ascensore. Tanto è quanto ha appena stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza n.13217 pubblicata in data 16 maggio 2019 (Consigliere relatore Antonio Scalisi).
Un simile opera è stata ritenuta, invero, indispensabile ai fini di una reale abitabilità dell'appartamento, consona all'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini e allo svolgimento delle moderne concezioni in tema di igiene.
Unica condizione posta dal giudice di legittimità è quella, per la realizzazione dell'opera, di apprestare degli accorgimento idonei ad evitare danni alle unità immobiliari altrui (in punto, sono stati richiamati precedenti arresti giurisprudenziali, quali: Cassazione Civile n. 7752 del 1995; 6885 del 1991; 11695 del 1990).
Diversamente, non sussisterebbe neppure il limite di funzionalità dell'impianto, laddove lo stesso si ponga a servizio del solo condomino che ne anticipa le spese (nella fattispecie trattata, peraltro, il giudice di legittimità ha cassato la sentenza impugnata con rinvio per un errore interpretativo di una norma regolamentare interna).
Va, infine, detto che la realizzazione di un impianto ascensore all'interno di un edificio sprovvisto non è, più che astrattamente, preclusa neppure dalle previsioni portate in seno alle norme amministrative circa i vincoli di destinazione di alcune parti comuni; o meglio, eventuali limiti reconditi posti dalla normativa urbanistica (legge 11150 del 17.08.1942) non possono essere opposti sul piano delle rapporti privati interpersonali tra i condòmini.
Difatti – per come si riporta in Sentenza – è principio consolidato e risalente quello secondo cui, sul pianto privatistico, le norme amministrative non hanno rilievo alcuno salvo che siano esplicitamente richiamate o in termini reali (vedi articolo 873 codice civile), ovvero in termini obbligatori (vedi gli articoli 869 e ss codice civile).

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