Condominio

La revisione delle tabelle non vale per il passato

di Luigi Salciarini

Il Tribunale di Milano, con una recentissima pronuncia (sentenza n. 3170 del 29 marzo 2019) torna a ribadire un principio giuridico già affermato dalla Suprema Corte ma che spesso viene percepito dai condomini interessati come una carenza di effettiva tutela. In sintesi la dinamica del fenomeno: in un condominio viene richiesta la “revisione” delle tabelle millesimale che l'art. 69 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile prevede nel caso in cui venga accertato un “errore” nella loro redazione, oppure qualora “per le mutate condizioni di una parte dell'edificio… è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino”.
A prescindere dalla natura e dalla sussistenza di detti requisiti richiesti dal codice, costituisce principio pacifico che, nell'eventualità che la “revisione” sia sancita da una sentenza, la sua efficacia è costitutiva, vale a dire spiega i suoi effetti dal momento in cui diviene definitiva (cioè, non è più suscettibile di gravame). Il Tribunale di Milano, nella pronuncia in esame, richiama l'analogo orientamento della Suprema Corte sancito nella sentenza n. 5690 del 10 marzo 2011 per la quale “la sentenza che accoglie la domanda di revisione... non ha natura dichiarativa ma costitutiva, avendo la stessa funzione dell'accordo raggiunto all'unanimità dei condomini; pertanto, l'efficacia di tale sentenza, in mancanza di specifica disposizione di legge contraria, decorre dal passaggio in giudicato.” A dire il vero, questa interpretazione si trova ampiamente ribadita in pronunce di merito sia anteriori a quest'ultima di legittimità (Trib. Roma 14 gennaio 2010; Trib. Monza 17 marzo 2008; Trib. Milano 17 novembre 2003) sia successive (Trib. Palermo 8 gennaio 2018; App. Milano 16 febbraio 2016; Trib. Milano 25 gennaio 2013), tanto che la Suprema Corte si è preoccupata di confermarla con una pronuncia ancora più recente (Cass. 24 febbraio 2017, n. 4844) che ci dà il senso di una problematica ormai risolta. Tuttavia, rimane da affrontare il problema della relazione tra il “fatto” che ha determinato l'alterazione dei valori millesimali, e quindi la necessità di revisione (si pensi ad un incremento di volumetria), e il momento di efficacia delle “nuove” tabelle che essendo inevitabilmente successivo lascia scoperto il periodo intermedio (nel quale sono applicati i “vecchi” millesimi). Sotto tale aspetto, proprio la citata Cass. n. 5690/2011 (peraltro confermata dalla stessa Cass. n. 4844/2017) afferma che è esperibile l'azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. grazie alla quale possono essere chiesti in restituzione gli importi che gli “altri” condomini abbiamo pagato al condominio in applicazione dei valori millesimali non corrispondenti alla concreta consistenza delle unità immobiliari facenti parte dell'edificio. In sintesi, l'azione giudiziale di revisione delle tabelle (che mira solo alla correzione delle quote) non è sufficiente a dare completa tutela, ma per ottenere il rimborso di quanto pagato in eccesso è necessario esperire anche l'azione di indebito arricchimento.

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