L'esperto rispondeCondominio

Quando il rumore disturba l’inquilino

di Raffaele Cusmai

La domanda

Nel caso in cui un conduttore reclami all'amministratore per il superamento della normale tollerabilità delle emissioni sonore da parte di altri condomini (schiamazzi, lavori edili, uso di apparecchi ed elettrodomestici rumorosi, volume alto di apparecchi radio-televisivi) soprattutto in orari non consentiti (13.00-16.00), l'Amministratore, oltre a mettere un normale avviso in bacheca che richiami i condòmini, cosa sarebbe tenuto a fare? È il conduttore che deve agire, in quanto residente nell'appartamento, o deve farlo il proprietario locatore? Quali prove dovrà fornire e con quali modalità? L'amministratore è direttamente coinvolto o diventa una lite privata fra i rispettivi condomini? Nel caso specifico è solo un conduttore a manifestare il problema.

Fermo restando che nella vicenda di cui si tratta l'Amministratore non ha alcuna responsabilità né può vedersi imputabile un fatto altrui, la soluzione del quesito prospettato passa per l'interpretazione dell'art. 844 c.c. in tema di immissioni sonore. La lettera della legge sembra escludere a prima vista la legittimazione del conduttore ad impedire immissioni pregiudizievoli provenienti dal fondo del vicino. Peraltro, secondo la giurisprudenza, poiché l'oggetto della tutela contro le immissioni non tollerabili è il godimento del fondo è possibile interpretare estensivamente la norma, riconoscendo anche ai titolari di un diritto reale diverso dalla proprietà. Nonostante, il conduttore non è titolare di un diritto reale, quanto piuttosto di un diritto personale di godimento, è in base ad un procedimento analogico considerarlo legittimato all'azione ex art. 844 c.c.. Le immissioni sonore nocive del resto possono costituire l'oggetto delle molestie di fatto indicate dall'art. 1585 c.c. secondo comma. Peraltro, la giurisprudenza esclude che il conduttore sia legittimato a rivolgersi direttamente nei confronti degli autori delle immissioni, avendo esclusivamente la facoltà di agire verso il locatore per la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, oltre che per il risarcimento del danno, qualora abbia patito un pregiudizio ulteriore non coperto dalla risoluzione del rapporto o dalla riduzione del canone, essendosi in presenza di un fatto che – sebbene non imputabile al locatore – è, comunque, tale da determinare uno squilibrio del sinallagma contrattuale alla stessa stregua di quanto avviene in presenza di vizi della cosa locata.

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