Condominio

I contatori individuali prevalgono su quello generale e il supercondominio è un consumatore

di Valeria Sibilio

Alle contese che si consumano tra i condòmini che pagano le quote relative ai servizi condominiali e quelli che, invece, non lo fanno, si deve aggiungere anche quella tra condominio e le società di erogazione servizi. Una contesa ben rappresentata dalla sentenza del Tribunale di Savona n.167 del 2019 , nella quale, a seguito di un accordo stipulato, un supercondominio si obbligava ad approvvigionarsi di energia termica e frigorifera, in via esclusiva, da una società deputata a tale scopo, alle condizioni contrattuali.
In seguito, la ditta subentrata legalmente alla società in questione, sostenendo che il supercondominio non avesse pagato quanto dovuto (pari ad euro 556.307,06) per il consumo dell'energia termica e frigorifera per il periodo 2011-2015, chiedeva la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno consistente nei costi sostenuti per l'installazione e l'esecuzione dell'impianto, nonché nel mancato guadagno conseguente allo scioglimento del contratto. Il supercondominio si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande proposte e la condanna, in via riconvenzionale, della parte attrice a restituire quanto pagato in eccesso. Intervenivano, successivamente, in causa diversi condomini, chiedendo il rigetto delle domande proposte.
La parte attrice sosteneva che le procure rilasciate ai rispettivi difensori dai terzi intervenuti sarebbero state irregolari, in quanto rilasciate su fogli separati rispetto agli atti processuali. Una eccezione priva di fondamento in quanto l'art. 83 c.p.c. prevede che la procura possa essere rilasciata anche su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce, com'è avvenuto nel caso di specie.
Destituita di fondamento anche l'eccezione di nullità della citazione proposta dal supercondominio, in quanto la parte attrice aveva indicato sia il rapporto contrattuale azionato che il pagamento del corrispettivo convenuto.
Riguardo l'efficacia del contratto stipulato il 29 ottobre 2010, sia il supercondominio che i condòmini intervenuti avevano eccepito la sua inefficacia, sia pure con motivazioni parzialmente diverse. Secondo la parte convenuta ed i terzi chiamati, il negozio in esame fu stipulato dall'amministratore, in rappresentanza del supercondominio, in assenza di un'autorizzazione dell'assemblea. Va premesso che al supercondominio si applicano le norme sul condominio. In quest'ultimo, all'amministratore viene conferito unicamente un potere esecutivo delle decisioni assunte dall'assemblea che rimane l'unico organo sovrano per manifestare la volontà dei condòmini. L'amministratore può stipulare contratti relativi all'ordinaria manutenzione delle cose comuni e per l'esercizio dei servizi provvedendo a disciplinarne la fruizione, oltre a stipulare contratti relativi alla straordinaria amministrazione per i quali è sempre necessaria una delibera assembleare. L'attivazione dell'impianto è compito dell'amministratore, a cui spetta stipulare il contratto di somministrazione, rientrando il riscaldamento nelle spese di ordinaria amministrazione, nei limiti della spesa approvata dall'assemblea alla prestazione dei servizi comuni. Contratti, questi, vincolanti per tutti i condòmini. Tuttavia, spetta sempre all'assemblea approvare la spesa in sede di consuntivo. Dal quadro normativo, quindi, si evince che, nel caso in questione, fosse necessaria una delibera assembleare di approvazione del contratto. per l'approvazione della spesa ritenendo, comunque, il contratto, di straordinaria amministrazione, tenuto conto della particolarità e consistenza dell'onere economico, superiore a quello normalmente inerente alla gestione, nonché della durata ultraventennale del contratto medesimo. Un contratto stipulato da un amministratore senza aver ricevuto uno specifico incarico dall'assemblea può essere ratificato dal soggetto falsamente rappresentato, può avvenire anche in forma tacita.
Nel caso di specie, per valutare se tale ratifica potesse provenire dall'assemblea o doveva derivare da tutti i condòmini individualmente, Il Tribunale ha sufficientemente notato che l'art. 1130 c.c. parla di servizi nell'interesse comune, prescindendo dalla proprietà dei beni interessati e che il servizio di riscaldamento centrale risulta un servizio di interesse condominiale, dimostrato dalla Dir. n. 2002/91/CE in tema di rendimento energetico degli edifici e dal relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 59/2009) che all'art. 4, comma 9, stabilisce che in tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiori a quattro é preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti. Il limite della legittimazione processuale passiva dell'amministratore di condominio, costituito, a norma dell'art. 7131 c c dall'inerenza delle azioni proposte alle “parti comuni” dell'edificio, deve essere inteso in modo da ricomprendere in quest'ultimo concetto qualsiasi bene, anche se non condominiale, rispetto al quale venga in considerazione un interesse che i condòmini vantino o ritengano di poter vantare in quanto tali.
Le stesse Sezioni Unite hanno precisato che tra le parti comuni dell'edificio rientrano anche beni, di natura non condominiale, ma certamente destinati all'uso comune degli appartenenti al condominio. Poiché ai fini della configurabilità del supercondominio non è indispensabile l'esistenza di beni comuni, deve ritenersi che esso sussista nel caso in cui siano comuni a due edifici in condominio i servizi di illuminazione, di rimozione rifiuti e di portineria.
L'assemblea ha, quindi, effettivamente ratificato l'operato dell'amministratore in quanto, in più occasioni, gli aveva conferito l'incarico di rinegoziare il contratto in oggetto e di stipularne uno nuovo.
Nell'assemblea del 20 ottobre 2012, si dava atto della morosità del supercondominio, approvando un versamento in conto della società pari all'effettivo consumo del riscaldamento salvo conguaglio e ripetizione.
Riguardo l'eccezione dei terzi intervenuti in ordine ad una tardiva allegazione dell'intervenuta ratifica, il Tribunale ha esposto che la tesi secondo cui quest'ultima potesse costituire oggetto di un'eccezione in senso stretto è superata alla luce della sentenza della Cassazione a Sez. Un. 11377/ 15, secondo cui l'inefficacia per difetto del potere di rappresentanza non può essere considerata come oggetto di un'eccezione in senso stretto, dovendo, invece, essere considerata come oggetto di una mera difesa, come tale sempre proponibile nel corso del giudizio. Ma se il difetto di rappresentanza potrà essere fatto valere in ogni momento nel corso del giudizio, analoga e contrapposta facoltà dovrà essere riconosciuta a chi, invece, invoca l'efficacia del contratto. Del resto, la relativa argomentazione non ha esteso l'oggetto del processo al di là del diritto fatto valere dall'attore, nè ha allargato l'insieme dei fatti rilevanti allegati al giudizio, in quanto, sin dall'origine, la parte attrice aveva sostenuto che il contratto era efficace e vincolante nei confronti del condominio.
Riguardo il pagamento degli importi dovuti, il contratto prevedeva due tipi di contatori di cui i primi posti in corrispondenza delle flange di entrata ed uscita del circuito principale ed i secondi nel tunnel tecnologico. Solo le misurazioni dei primi erano vincolanti per le parti, in quanto i secondi erano strumentali alle ripartizioni delle spese tra i singoli condòmini. Il condominio si obbligava a pagare una quota fissa annuale, pari ad euro 65.000,00 e, per il riscaldamento, una tariffa a consumo, soggetta a revisione in relazione al prezzo del gas naturale. Era, poi, prevista una tariffa a consumo anche per l'energia frigorifera soggetta anch'essa a revisione. La parte attrice sosteneva che, per il periodo in esame, il corrispettivo dovuto dal condominio era pari ad euro 556.307,26. In comparsa di costituzione, quest'ultimo dichiarava che dovevano essere eccepite le quantità di energia esposte in fattura e gli importi fatturati dalla società attrice.
Oltre alla grave irregolarità rivelatasi con la mancanza di una regolare calibrazione e della piombatura dei contatori, si è evidenziato che l'energia fatturata dalla società al Supercondominio era superiore di circa il 50% rispetto a quella risultante dalla sommatoria dell'energia registrata dai contatori di energia termica delle singole utenze. Ciò, non ha consentito al Tribunale di accettare gli importi esposti come effettivamente dovuti dal Supercondominio e non può essere preteso il pagamento da parte del convenuto in presenza di una palese malafede caratterizzata da misurazioni del tutto sprovviste di trasparenza e basate su contatori irregolari ed inefficienti. Pertanto, la prestazione di pagamento a cui viene assoggettato il Supercondominio è risultata del tutto indeterminabile e rimessa ad arbitrio della società fornitrice, con violazione degli obblighi di correttezza, lealtà e buona fede. Incombe sul gestore dimostrare la corrispondenza tra il dato fornito dal contatore ed il dato trascritto nella fattura, mentre l'utente può superare la presunzione di consumo, una volta provata la corrispondenza tra consumi fatturati e valori del misuratore, dimostrando un normale servizio di utenza o un caso di forza maggiore non imputabile a sua colpa. In sostanza, l'ente somministratore deve dimostrare sia la correttezza della lettura del contatore da parte del delegato che il corretto funzionamento del contatore è funzionante. La copia autentica delle scritture contabili riportanti tali crediti nei confronti del condominio non provano, come affermato dalla parte attrice, il proprio credito in quanto nulla dimostrano sui relativi consumi. Per il Tribunale, le bollette sono in linea di massima idonee a fornire la prova dei consumi esposti, salvo contestazione dell'utente, nel qual caso è onere della somministrante fornire prova del quantum della merce somministrata e, segnatamente, la corrispondenza tra i consumi esposti in bolletta e quelli risultanti dal contatore. Quanto, poi, al valore delle fatture, la giurisprudenza afferma che le semplici fatture possano costituire prova dei crediti in questione limitatamente alla fase di emissione del decreto ingiuntivo o dell'ordinanza-ingiunzione e fatta salva ogni ulteriore valutazione del materiale probatorio nel successivo giudizio a cognizione piena. In particolare, Cass. 11736/ 18 ha sostenuto che la fattura commerciale si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistente nella dichiarazione indirizzata all'altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito. Pertanto, quando tale rapporto non sia contestato tra le parti, la fattura può costituire un valido elemento di prova e non un indizio quanto alla prestazione ivi eseguita, specie nell'ipotesi in cui il debitore abbia accettato senza contestazioni le fatture stesse nel corso dell'esecuzione del rapporto.
Nel caso in esame, il contratto prevedeva che il condominio si sarebbe obbligato a ritirare l'energia termica in misura non inferiore a 570MWh/anno. Nel caso in cui tale consumo minimo non fosse stato garantito, sarebbe stato pagato un importo pari alla differenza. La parte attrice non ha fornito gli elementi per potere determinare tale minimo garantito, non avendo fornito i criteri che prevedevano che il prezzo dell'energia termica sarebbe stato rideterminato con cadenza trimestrale, tenendo conto del prezzo del gas naturale. Inoltre, tra le somme richieste dalla parte attrice, vi era anche la quota fissa, dovuta a prescindere dai consumi, da corrispondere a rate mensili, e per l'insieme dei servizi forniti era riconosciuta una quota fissa annua. In totale, a tale titolo, sulla base delle fatture prodotte, la somma dovuta era di euro 196.995,79. Tali importi non sono stati oggetto di specifica contestazione. Il supercondominio ha sostenuto di essere un consumatore che ha stipulato un contratto con un professionista il quale ha contestato tale qualificazione giuridica, negando l'applicabilità della relativa disciplina. Sul punto, il Tribunale ha ricordato che al contratto concluso con un professionista da un amministratore di condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la disciplina di tutela del consumatore, agendo l'amministratore stesso come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale. Il supercondominio ha denunciato la vessatorietà della clausola che prevede il pagamento da parte degli utenti di una quota fissa annuale. Per il condominio la clausola avrebbe determinato uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. In realtà, tale clausola è il corrispettivo dovuto per il mantenimento funzionale del sistema di tele lettura e per la manutenzione ordinaria e straordinaria. Da ciò l'evidente infondatezza dell'eccezione e della circostanza, sostenuta dai terzi chiamati, che i prezzi praticati fossero fuori mercato. L'art. 34 del TU consumatori esclude che la valutazione del carattere vessatorio della clausola possa spingersi sino all'adeguatezza del corrispettivo. In sostanza, non c'è prova del fatto che gli importi dovuti siano sproporzionati rispetto all'energia fornita ed al servizio ricevuto.
Per ciò che riguarda il calcolo dell'Iva al 21, al 22 o al 10%, la circolare 82 del 1999 dell'Agenzia delle Entrate ha specificato che lo sconto d'imposta è rivolto alle sole ipotesi di impiego dell'energia nelle abitazioni familiari o in analoghe strutture a carattere collettivo caratterizzate dal requisito della residenzialità con esclusione, invece, delle ipotesi in cui le medesime somministrazioni vengano erogate in strutture non residenziali, sia pubbliche che private. Nel caso di uso promiscuo, invece, in mancanza di contatori distinti che facciano contabilizzare la quantità di energia distinguendo il consumo per uso domestico da altre tipologie di impiego, l'aliquota applicata è quella ordinaria per l'intera fornitura. Nel caso in esame, non era stato dimostrato se e quali utenze fossero residenziali. In assenza di una simile indicazione. l'aliquota deve essere calcolata così come riportato nelle fatture prodotte dalla parte attrice.
Per il tribunale, la domanda di risoluzione del contratto è risultata fondata, dal momento che il supercondominio si era reso inadempiente all'obbligazione di pagare il corrispettivo contrattuale, sia pure ridimensionato rispetto alle pretese iniziali. La domanda di risarcimento e di rimborso delle spese sostenute per la costruzione dell'impianto non è stata, tuttavia, accolta, in considerazione del fatto che i lavori furono realizzato sulla base di accordi intercorsi tra soggetti terzi, ai quali era estraneo il supercondominio convenuto. In ogni caso, non è dimostrato, né prima ancora allegato, che l'impianto non possa essere riutilizzato in altro modo e che lo stesso non sia dotato di una qualche utilità. Inoltre, è stato lo stesso attore ad evidenziare che l'impianto era destinato ad essere venduto ad un prezzo simbolico in previsione dei futuri guadagni derivante dal relativo esercizio.
Il tribunale ha, perciò, condannato il supercondominio al pagamento, nei confronti della ditta, di euro 196.995,79 oltre Iva e interessi moratori con risoluzione del contratto per inadempimento, respingendo ogni altra domanda e compensando le spese di lite tra le parti in misura pari al 50%. Il tribunale ha condannato, inoltre, il convenuto ed i terzi intervenuti a rifondere alla parte attrice la restante frazione, liquidata in euro 9.210,00 per onorari, oltre euro 843,00 per contributo unificato e spese generali al 15%.

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