Condominio

Affitti arretrati, contratto risolto se viene provata la «gravità»

di Selene Pascasi

L'omesso versamento del canone è, di per sé, un inadempimento grave che giustifica – senza che sia necessario accertarne la non scarsa importanza – la risoluzione del contratto di locazione per colpa dell'inquilino che, così, viola una delle obbligazioni primarie ed essenziali poste a suo carico.
Lo ricorda il Tribunale di Roma con sentenza n. 3546 del 13 febbraio 2019. Intimata di sfratto per morosità, è una società cui i proprietari del capannone locato chiedono il rilascio forzoso dell'immobile e la condanna ad onorare gli insoluti. La ditta, pur ammessa la morosità, si difende sostenendo di aver corrisposto somme superiori al dovuto per via di un errato calcolo della rivalutazione ISTAT. E per quegli importi, chiede la ripetizione e/o la compensazione con il debito accumulato. Il bene, poi, aggiunge, era affetto da vizi che avevano diminuito sensibilmente l'idoneità all'uso pattuito. Le spettava, pertanto, una riduzione del corrispettivo nella misura ritenuta di giustizia.
Tesi bocciata sia dal giudice (che in prima battuta emette ordinanza non reclamabile di rilascio vista la persistente ed ingente morosità) e sia dal tribunale che, chiamato ad occuparsi della questione, accoglie la domanda di risoluzione. A conti fatti, scrive, la società aveva diritto a ripetere circa 7 mila euro ma il suo inadempimento era serio e giustificava la “rottura” del negozio. Violazione, questa, di cui parte attrice aveva fornito prova sufficiente allegando il contratto di locazione regolarmente registrato da cui risultava l'obbligo della ditta di corrispondere il canone nei termini pattuiti. Peraltro, si legge in sentenza, anche nell'eventualità in cui le morosità intimate vengano versate dopo l'introduzione del contraddittorio, ciò non costituirebbe sanatoria non potendo il debitore adempiere la sua obbligazione dopo l'avvio della richiesta di risoluzione.
In altre parole, la “purgazione” della mora seguente alla domanda di risoluzione contenuta nell'intimazione di sfratto non osta al vaglio della gravità del pregresso inadempimento di parte intimata nell'ambito del giudizio che prosegua, a tal fine, dopo il pagamento dei canoni scaduti (Cassazione 3341/01). A maggior ragione, l'eventuale “messa in regola” in corso di causa non escluderà la gravità della violazione se preceduta da altri prolungati, reiterati e ravvicinati ritardi, tenuto conto che nei contratti sinallagmatici ciascuna parte è vincolata ad eseguirli secondo buona fede. D'altronde, saltare i pagamenti penalizza economicamente il locatore e determina uno squilibrio del negozio (Cassazione 15363/10). Situazione che, sicché legata alla violazione di un'obbligazione primaria ed essenziale del contratto di locazione, rende superfluo – e ciò vale anche per il ritardo nella corresponsione – l'accertamento della gravità dell'inadempimento, da sola idonea a motivare la risoluzione (Cassazione 19652/04). Al conduttore, in effetti, non è consentito astenersi dal versare la pigione o provvedervi oltre i termini concordati, salvo che non manchi completamente la prestazione della controparte ossia qualora il proprietario impedisca il pieno godimento del bene locato. Ipotesi, questa, estranea alla fattispecie che non poteva che “chiudersi” con declaratoria di risoluzione del contratto per grave inadempimento della società conduttrice.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©