Condominio

Un nuovo ascensore è possibile ma le modifiche devono essere indispensabili

di Eugenia Parisi

La società proprietaria di un immobile, intendendo frazionare lo stesso in sei unità per cambiarne la destinazione d'uso da ufficio ad abitazione, necessitava - come da nuovo regolamento comunale - di installare un ascensore esterno per l'abbattimento delle barriere architettoniche; l'assemblea condominiale però le aveva negato l'autorizzazione ai sensi dell'art. 1120 e la delibera era quindi stata impugnata.
Pendente tale giudizio, l'attrice della causa scaturita nella decisione del Tribunale di Milano n. 10134/2018 , chiedeva al Giudice l'accertamento giudiziale del proprio diritto a realizzare l'ascensore ai sensi dell'art. 1102 c.c., in assenza del quale non avrebbe potuto ottenere nemmeno il permesso di iniziare i lavori.
La tesi dedotta è quella secondo cui le opere sarebbero state eseguite interamente a cura e spese del condomino attore e che quindi, per giurisprudenza consolidata (su tutte Cass. n. 1781/1993, n. 3508/1999 e Ord. Cass. n. 23996/2017), “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, a condizione che non ne alteri la destinazione e che non impedisca agli altri di farne uguale uso secondo il loro diritto … pertanto il condomino ha facoltà d'installare a proprie spese nella tromba delle scale dell'edificio un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri e può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera che abbia respinto la sua proposta al riguardo”.
Il Giudice milanese, pur condividendo il giurisprudenziale principio evocato, ha osservato che, non essendo in discussione il diritto, è però necessario stabilire se le modalità concrete con cui l'attrice intenda realizzare l'innovazione siano conformi alla disciplina legale; del resto, l'art. 1102 c.c. è chiaro nel prevedere che ciascun partecipante alla comunione possa usare la cosa col limite di non alterarne la destinazione e di non impedirne il pari uso ma che addirittura possa modificarla per trarne un migliore godimento; con l'ulteriore limite, però, che dette modifiche siano necessarie a tale miglior godimento. Inoltre sia l'uso che le modifiche sono consentite a patto che non vi sia alterazione del decoro architettonico e che talune parti comuni non siano rese inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condominio (Cass. n. 24006/2004 sull'applicabilità dell'ultimo comma dell'art. 1120 c.c. anche all'art.1102 c.c.).
Di conseguenza non ogni e qualunque modifica – che pure non alteri la destinazione o non impedisca il pari uso degli altri – è possibile bensì solo quella che, oltre ad essere funzionale al suo miglior godimento, sia anche indispensabile a conseguirlo, poiché il diritto del singolo deve essere contemperato e bilanciato col contrapposto interesse degli altri condomini all'uso delle cose comuni e non deve comportare sacrifici ingiustificati ovvero sproporzionati, perché eccedenti l'esigenza del miglior godimento del singolo.
Nel caso sottoposto all'esame del Tribunale, il progetto prevedeva la creazione di balconi per lo sbarco dell'ascensore che però, a detta del CTU incaricato, non erano strettamente necessari in quanto l'apertura si sarebbe potuta progettare verso l'interno, preservando così anche il decoro condominiale: in definitiva le modifiche che l'attrice avrebbe voluto apportare sulle parti comuni ex art. 1117 c.c. ovvero la facciata esterna ed il cortile, eccedevano il limite della necessità del miglior godimento che potrebbe parimenti essere soddisfatto con opere di minore impatto.
Tali proposte modifiche, pertanto, non essendo affatto compatibili con gli esaminati requisiti di cui all'art. 1102 c.c., hanno determinato il rigetto della domanda.

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