Condominio

Canne fumarie, il giudice deve sempre ascoltare anche i «pretermessi»

di Edoardo Valentino


E' nulla la sentenza che dice no alla ristorazione e alle canne fumarie se adottata in violazione delle regole sul contraddittorio.
Qualora, in un giudizio istaurato dal condominio avverso una attività di ristorazione, siano intervenuti dei condomini in primo grado con intervento adesivo delle ragioni del condominio, allora l'atto di appello deve essere notificato a tutte le parti – originarie ed intervenute – altrimenti la sentenza pronunciata in grado di appello sarà radicalmente e irrimediabilmente nulla.
Questo il principio espresso dalla sentenza Cassazione Sezione II, 28 marzo 2019, numero 8695 (relatore Antonio Scarpa).
Il giudizio di merito prendeva le mossa dalla decisione di un condominio di agire avverso una società che gestiva un locale sito all'interno dello stabile, nonché avverso la società condomina proprietaria dei relativi locali.
L'attività di ristorazione aveva, infatti, istallato delle canne fumarie per convogliare i fumi della cucina, incorrendo così nel malcontento del condominio, che lamentava come queste fossero state costruite in violazione delle norme sulle distanze, sulle immissioni, in materia di utilizzo della cosa comune e di decoro architettonico.
Il condominio, poi, invocava la presunta violazione del regolamento condominiale laddove questo prevedeva esplicitamente il divieto di esercitare attività di ristorazione.
L'attore, in conclusione, domandava la condanna della convenuta al risarcimento dei danni causati con l'istallazione delle canne fumarie e l'inibizione dell'attività di ristorazione.
Nel corso del processo di primo grado intervenivano alcuni condomini sostanzialmente aderendo alle tesi del condominio attore.
Con la sentenza di primo grado il Decidente ordinava al ristorante di ricondurre le immissioni acustiche, di fumi e di odori nei limiti della tollerabilità indicati dalla perizia eseguita in corso di causa.
Tale sentenza veniva appellata sia dal condominio, che domandava la piena condanna del ristorante, che dal ristorante stesso, il quale istava per l'accoglimento di una autonoma domanda riconvenzionale avanzata nel giudizio di primo grado e rigettata dal giudice.
La Corte d'Appello, all'esito del giudizio, accoglieva l'appello del condominio e dei condomini intervenuti in primo grado, condannando la società a interrompere l'attività di ristorazione in quanto vietata dal regolamento condominiale.
La sentenza di appello veniva impugnata dalla società proprietaria dei locali adibiti a ristorante, che proponeva ricorso incidentale affermando, tra le altre circostanze, la nullità della sentenza di appello.
In particolare, infatti, la ricorrente incidentale affermava che la Corte d'Appello avesse errato nel non rilevare come l'atto di appello fosse stato notificato solamente al ristorante e alla proprietaria dei muri, escludendo dalla notificazione due condomine intervenute in primo grado adesivamente alle tesi del condominio.
Da tale pretermissione di parti in una causa inscindibile sarebbe derivata la nullità dell'intera sentenza di appello.
Con la sentenza 8695 del 28 marzo 2019 la Corte di Cassazione accoglieva tale motivo del ricorso incidentale, ritenendolo assorbente rispetto a tutte le ulteriori doglianze delle parti.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, la Corte d'Appello avrebbe dovuto immediatamente ordinare l'integrazione ai sensi dell'articolo 331 del Codice di Procedura Civile dato che la causa era da considerare inscindibile anche nei confronti delle parti intervenute.
Giova sottolineare l'irrilevanza della posizione giuridica delle parti pretermesse le quali, anche se avevano aderito alle tesi del condominio, che era risultato vincitore in appello, avrebbero dovuto essere evocate in giudizio.
Si sottolinea, nella sentenza in commento, come l'amministratore intervenga in giudizio in nome e per conto del condominio e dei condomini, in ragione del rapporto di mandato che li lega, ma al momento della costituzione individuale dei singoli condomini questi assumono personalmente una posizione giuridica all'interno del giudizio sottraendo automaticamente la legittimazione alla rappresentanza processuale dell'amministratore nei loro confronti.
Aggiungeva, poi, la Cassazione come “poiché la nullità derivante dalla mancata integrazione del contraddittorio nelle ipotesi di cui all'art. 331 c.p.c. si ricollega ad un difetto di attività del giudice di appello, al quale incombeva l'obbligo di adottare un provvedimento per assicurare la regolarità del processo, ed è, come detto, rilevabile d'ufficio pure in sede di legittimità, non opera nemmeno il temperamento stabilito dall'art. 157 comma 3 c.p.c., secondo il quale la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa”.
In mancanza di tale originaria notificazione e/o successiva integrazione del contraddittorio, la sentenza era stata pronunciata non nel contraddittorio di tutte le parti e quindi era da considerare nulla.
In esito a tale valutazione la Cassazione accoglieva il ricorso incidentale e, considerati assorbiti tutti gli altri motivi di diritto, cassava la sentenza di appello rinviava il giudizio ad altra sezione per un nuovo svolgimento del secondo grado del processo di merito.

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