Condominio

Il sottotetto-intercapedine è di proprietà esclusiva, salvo titolo contrario

di Eugenia Parisi

Un condominio ha chiamato in giudizio i condòmini dell'ultimo piano dell'edificio per vederli condannare alla rimessione in ripristino dello stato dei luoghi, previo accertamento dell'illegittimità dei lavori dagli stessi fatti eseguire su varie porzioni del sottotetto ritenute di natura condominiale, oltre alla rifusione dei danni.
Nominato un consulente tecnico, è stato accertato l'effettivo ampliamento degli appartamenti posti all'ultimo piano con conseguente inglobamento di parte del sottotetto che è pacificamente da intendersi come la porzione dello stabile compresa fra la soletta dell'ultimo piano ed il tetto e, come tale, priva di una naturale destinazione d'uso e la cui natura di parte comune o esclusiva si determina in base al titolo o alla sua funzione di destinazione (Cass. n. 233/2016 e Cass. 23902/2016).
Qualora, dunque, l'appartenenza del sottotetto non possa determinarsi in base al titolo «per accertarne la natura condominiale deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un servizio d'interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117, c. 1 c.c.; viceversa, allorché il sottotetto assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità l'appartamento dell'ultimo piano e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento» (Cass. n. 6143/2016).
Sulla base del sopraddetto principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, nella sentenza n. 1063/2019 del Tribunale di Milano – Giudice Arianna Chiarentin si è passato a verificare se l'eventuale caratteristica della condominialità del sottotetto fosse indicata nel Regolamento condominiale che però - al pari dell'espletata CTU - ne ha negato la sussistenza, posto che le parti comuni quali il locale stenditoio, il locale macchina ascensori e le due terrazze erano, nel regolamento stesso, ben definite tali.
Non potendo, quindi, qualificare la natura del sottotetto in base al titolo, è stato necessario accertare la funzione svolta dal sottotetto, ovvero se lo stesso avesse o meno le caratteristiche funzionali e strutturali della mera intercapedine protettiva dei sottostanti appartamenti o viceversa avesse caratteristiche strutturali del vano autonomo destinabile all'uso comune o all'esercizio di un servizio d'interesse collettivo.
Ed infatti la recentissima sentenza della Cassazione n. 7483/2019, commentata su questo portale in data 18 marzo 2019 chiama - in modo del tutto appropriato ed esaustivo - la valutazione di questi ultimi requisiti, “funzionalizzazione” dei luoghi.
Orbene, nel caso sottoposto al giudice milanese, le caratteristiche evidenziate dalla CTU ed in particolare il fatto che il sottotetto fosse privo di un solaio calpestabile, di dotazioni impiantistiche, di finiture elementari a pavimento, a parete e a soffitto oltre al fatto del disagevole accesso al medesimo ha persuaso il Giudice della non condominialità dello stesso perché in realtà la sua propria e unica funzione consisteva nell'isolare e proteggere gli appartamenti sottostanti dal caldo, dal freddo e dall'umidità costituendone una pertinenza e fungendo da mera camera isolante.
Da qui l'inevitabile rigetto delle domande del condominio perché tutte fondate sul presupposto della natura condominiale dei sottotetti oggetto del giudizio.

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