Condominio

Niente parcheggio se il regolamento lo vieta, anche quando l’assemblea l’autorizza

di Edoardo Valentino

Con la s entenza numero 8403 del 26 marzo 2019 la II Sezione della Corte di Cassazione ha modo di sottolineare alcuni importanti principi in materia di parcheggi condominiali.
La vicenda di merito principiava quando una società proprietaria di alcuni appartamenti in un condominio conveniva in giudizio un'altra condomina, lamentando come questa – in spregio al regolamento condominiale – parcheggiasse il proprio autoveicolo nel cortile dello stabile.
Il regolamento in oggetto, di natura contrattuale, stabiliva infatti alcuni divieti a carico dei condomini, tra i quali quello di transitare con i propri veicoli nel cortile e sostarvi, eccezion fatta per i proprietari dei negozi siti al piano terra che vi potevano solamente passare senza fermarsi.
Costituendosi in giudizio la condomina affermava la legittimità della propria condotta, motivata da una delibera assembleare del 1982 con la quale il condominio (a maggioranza, ma non all'unanimità) aveva deciso di locare i parcheggi del cortile ai condomini dietro pagamento di un canone.
La condomina assumeva quindi di essere in regola dato che aveva asseritamente locato in maniera regolare il proprio parcheggio provvedendo a corrispondere il prezzo pattuito.
Il giudice di primo grado dava ragione alla società ricorrente, riconoscendo come il parcheggio dell'automobile nel cortile fosse un'attività vietata dal regolamento contrattuale e come la semplice delibera assembleare del 1982 non potesse in alcun modo derogare a tali precetti.
La condomina soccombente proponeva quindi appello, lamentando l'errata interpretazione delle clausole regolamentali, che dovevano essere lette in modo conforme alla successiva delibera e quindi leggere nelle stesse l'intenzione del condominio di destinare delle aree al parcheggio dei condomini, seppur dietro versamento di un canone di locazione.
La Corte d'Appello, in riforma della sentenza di prime cure, accoglieva le tesi dell'appellante.
In buona sostanza il giudice del riesame era pervenuto alla suddetta conclusione rileggendo le clausole del regolamento in modo conforme alla tesi della ricorrente.
Nel dettaglio il regolamento prevedeva il divieto di “depositare materiali sui balconi, sulle finestre e sul cortile” e la Corte d'Appello affermava come questa disposizione non potesse applicarsi agli autoveicoli ma solo a oggetti e beni differenti.
In più, a parere del giudice, prevedendo la possibilità di passaggio delle auto si consentiva il transito sia dinamico (accesso e recesso), che statico (parcheggio).
Concludeva la Corte come le disposizioni regolamentali analizzate avessero il solo scopo di regolare l'uso delle cose comuni e non di limitare i diritti dei proprietari sulle stesse e quindi non avrebbero avuto efficacia di regolamento contrattuale, con la conseguenza di risultare derogabili dalla delibera assembleare del 1982 (che aveva esplicitamente destinato alcuni spazi a parcheggio nel cortile).
La suddetta sentenza veniva impugnata in Cassazione dalla società soccombente.
In buona sostanza la ricorrente rilevava come la Corte d'Appello avesse violato l'articolo 1362 commi 1 e 2 del Codice Civile nella propria decisione.
Tale norma afferma infatti che “Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”.
L'errore della Corte d'Appello, quindi, sarebbe consistito in una errata interpretazione del regolamento contrattuale del condominio nella parte in cui vietava di “occupare anche temporaneamente i locali d'uso e di proprietà comune” e di “depositare materiali sui balconi, sulle finestre e sul cortile” ritenendo come tali norme non fossero anche riferibili alle autovetture.
Secondo il ricorrente la Corte d'Appello avrebbe poi errato consentendo di fatto il parcheggio nonostante il regolamento prescrivesse che “il cortile dovrà essere sgombro”.
Inoltre, inspiegabilmente, la Corte aveva ritenuto che la deroga al divieto di passaggio di autoveicoli, valevole solo per i proprietari dei negozi al piano terra, non solo fosse applicabile anche agli altri condomini, ma comportasse anche un permesso al parcheggio degli automezzi.
Con la sentenza numero 8043 del 26 marzo 2019 la Cassazione accoglieva le doglianze della società ricorrente.
In particolare ribadiva la Cassazione come la Corte d'Appello avesse interpretato in maniera errata il regolamento, specificando come tutte le norme sopra riportate fossero concordi nello specificare il divieto di occupazione del cortile con qualsiasi bene, a maggior ragione con veicoli.
Sosteneva, ancora, la Suprema Corte come il significato attribuito dalla Corte d'Appello alla parola “transitare” (interpretato come passare, ma anche parcheggiare il veicolo) fosse del tutto immotivato e addirittura contrario al dato letterale.
Da ultimo la Cassazione affermava come priva di pregio fosse la valutazione data dal Giudice in merito al fatto che la norma regolasse l'uso del cortile facendo solo esclusivamente ai proprietari e non anche alle unità immobiliari, ricavando da ciò l'efficacia solo regolamentare della stessa e non la realità del precetto.
Sul punto affermava la Cassazione come “pare sufficiente osservare che le disposizioni che prevedono oneri reali o servitù sono sempre riferite ai titolari di diritti reali e che il carattere di realità del comportamento dovuto si misura esclusivamente dal suo stretto collegamento con la titolarità del diritto reale su un determinato bene”.
In ragione di quanto sopra esposto la Cassazione accoglieva il ricorso e, cassata la sentenza, rinviava il giudizio a nuova sezione della Corte d'Appello.

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