Condominio

Riscaldamento, spese in base all’«uso diverso»

di Paolo Accoti

Alle spese per il riscaldamento si applica il principio “dell'uso diverso” di cui al secondo comma dell'art. 1123 Cc.
Risulta legittima la ripartizione delle spese relative al riscaldamento centralizzato nella parte in cui prevede una spesa di euro 10,00 a metro cubo per l'utilizzo di acqua calda, una quota fissa dei costi di riscaldamento pari al 30% calcolata in relazione ai millesimi di proprietà e, infine, una parte variabile del 70% quantificata sulla base dell'effettivo consumo.
Tale criterio, infatti, anche in ragione della esistenza di singoli contatori di rilevazione del consumo, risulta perfettamente rispondente ai criteri di ripartizione delle spese dettati dall'art. 1123, II co., Cc, che prescrive una suddivisione delle spese in relazione al principio “dell'uso diverso”, a mente del quale, se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, come nel caso dell'impianto di riscaldamento centralizzato, le spese vanno ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne.
Questi i principi dettati dal Tribunale di Sondrio, nella sentenza pubblicata in data 25 Gennaio 2019, con la quale è stata rigettata la domanda di annullamento della delibera assembleare che aveva approvato il bilancio consuntivo, con particolare riferimento alla ripartizione delle spese di riscaldamento e di acqua calda.
Due condomini impugnavano l'anzidetta delibera ritenendola illegittima, nella parte in cui la suddivisione delle spese di riscaldamento della quota “a consumo” apparirebbe abnorme rispetto al periodo pregresso e che, tali quote, comunque, non sarebbero state addebitate con un criterio di proporzionalità.
Nel costituirsi in giudizio il condominio eccepisce preliminarmente la decadenza dall'impugnativa, atteso che l'iniziativa giudiziaria dei condòmini sarebbe stata intrapresa oltre il termine di trenta giorni previsto per legge, nel merito, deduce la correttezza della ripartizione delle spese di riscaldamento e, quindi, la legittimità della delibera impugnata.
Il Tribunale di Sondrio, in ordine all'eccezione di intempestività della domanda giudiziale, rileva come il termine di decadenza s'interrompe <<a seguito della proposizione dell'istanza di mediazione e riprende nuovamente a decorrere … a far data dal deposito del verbale presso la segreteria dell'organismo di mediazione.>>, pertanto, tempestiva risulta l'impugnativa della delibera laddove, come nel caso concreto, l'atto di citazione è stato consegnato all'Ufficiale Giudiziario per la notifica nel termine di trenta giorni dopo il deposito del verbale negativo di mediazione.
Evidenzia, al riguardo, come non appare condivisibile quell'orientamento - in realtà assolutamente minoritario siccome espresso, per quanto è a nostra conoscenza, in un'unica pronuncia del Tribunale di Palermo datata 18.09.2015 (sent. n. 4951/2015) - a mente del quale, in caso di fallimento della mediazione, il termine non decorra nuovamente per intero, in virtù del chiaro quadro normativo <<delineato dall'art. 1137 cod. civ., dall'art. 71 quater disp. att . cod. civ. e dall'art. 5 del del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 cod. civ.>>, pertanto, l'eccezione del condominio è da disattendere.
Nel merito della vicenda, tuttavia, premesso come una deliberazione assembleare possa essere impugnata esclusivamente per ragioni di legittimità, e non di sostanza, rileva come i criteri di ripartizione adottati nella delibera impugnata siano stati assunti sin dall'anno 2008 senza che mai, prima d'ora, i condòmini attori ebbero ad eccepire alcunché.
Ad ogni buon conto statuisce come il criterio di ripartizione basato su una quota fissa del 30%, determinata sulla base dei millesimi di proprietà ed un'altra variabile del 70%, calcolata sulla base del consumo effettivo, è pienamente legittimo, in quanto <<rispetta il principio sancito dall'art. 1123, secondo comma, cod. civ.>>, atteso che, in tema di spartizione delle spese di riscaldamento <<trova applicazione il principio “dell'uso diverso” di cui al secondo comma dell'art. 1123 cod. civ.>>.
La domanda degli attori, pertanto, è respinta, con condanna degli stessi a rifondere al condominio le spese di causa.

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